Grazie al Comune, all’Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea e al Gruppo Grotte Pipistrelli del Cai è stato riaperto al pubblico uno dei rifugi antiaerei più significativi di Terni, quello di Palazzo Carrara. L’occasione è stata data dall’anniversario della Liberazione della città dal nazifascismo e le visite gratuite, con accompagnatori del Gruppo Grotte Pipistrelli, sono state scaglionate per l’intera giornata.
“Quello di Palazzo Carrara è un rifugio pubblico, spiega Gianni Bovini dell’Isuc, ossia aperto e disponibile a tutti i cittadini che, in caso di attacco aereo, si trovavano per la pubblica via. Nel maggio 1943 di questo tipo di rifugi ne vengono censiti 81. Il rifugio di Palazzo Carrara è visitabile grazie al lavoro dei soci del Gruppo Grotte Pipistrelli che lo hanno liberato di tutti i materiali inerti che per vari motivi vi erano finiti ed hanno provveduto anche a dotarlo di un’illuminazione sufficiente a garantire la visita in sicurezza”.
In molti hanno approfittato di questa opportunità per conoscere la storia dei rifugi antiaerei, il motivo per il quale vennero costruiti così numerosi e come vennero utilizzati.
“L’obiettivo degli aerei alleati su Terni, a differenza di quanto si pensa, non era la popolazione, né il tessuto urbano e neanche le fabbriche, ma di impedire il rifornimento delle truppe nazifasciste che sulla linea di Cassino stavano contrastando la risalita degli alleati sbarcati in Sicilia. Quindi il loro obiettivo è quello di distruggere le linee di trasporto ferroviario e stradale di modo che l’esercito tedesco, supportato da quello della Repubblica Sociale, avesse una ridotta capacità di resistenza al l’avanzata delle truppe alleate. La legislazione, sottolinea Bovini, prevede che il rifugio sia considerato antibomba se sa resistere ad un colpo di una bomba lanciata da un’altezza non eccessiva e del peso di 50 chili. Ma nell’agosto del ‘43 la dotazione dei bombardieri alleati è di bombe da 250, 500 libbre e su Terni ne vengono sganciate anche da 4000. Quindi la capacità strutturale di questi rifugi e piuttosto inadeguata. Com’è inadeguata la dotazione la loro dotazione infrastrutturale: di 81 rifugi meno di 10 hanno i bagni e l’acqua corrente, solo 53 sono antibomba. Per un rifugio che deve proteggere dal bombardamento non avere la capacità di resistere alle bombe è quasi un controsenso. Purtroppo questa era la situazione dell’Italia del periodo”.