Il professor Giuseppe Trabucchi , proprietario della famosa azienda vinicola TRABUCCHI , di Illasi (Verona) , è stato ospite del Salone del vino che si è svolto a Terni il 6 e 7 maggio scorsi. Trabucchi è rinomato per i suoi meravigliosi rossi, VALPOLICELLA e AMARONE, soprattutto. Prodotti di coltivazione biologica perché la qualità per Trabucchi è un dogma:”è un dogma in generale nella nostra attività , quello di pensare agli altri e alla salute degli altri – afferma il professor Trabucchi – noi abbiamo fatto un patto con i consumatori , garantiamo che il nostro prodotto fa bene alla salute nel senso che, preso nelle misure giuste, il nostro vino dà energia al corpo”. Il che non farebbe una grinza se non fosse il prezzo , a fare la differenza, di una bottiglia firmata Trabucchi: “per il nostro Valpolicella i prezzi sono diversi e vanno dai 6/7 euro, fino ai 12, ai 20 euro; per l’Amarone il prezzo sale a 49 euro”.
Sul bere Trabucchi ha una sua teoria e, forse, non è sbagliata:”la bottiglia di Amarone la bevi senza nemmeno accorgertene ma , certo, non tutti sono disponibili a spendere 50 euro al giorno per bere l’Amarone, allora quello che io dico è, facciamo una bottiglia di Amarone al mese ma, beviamo bene; non ha senso , oggi, voler bere ogni giorno se non ci sono le risorse; risparmiamo, beviamo acqua, e poi ci diamo una grande soddisfazione quando beviamo una bella Valpolicella , un bell’Amarone; una volta al mese, una volta alla settimana”.
“I vini a basso costo – sottolinea Trabucchi – si sconfessano da soli, rovinano lo stomaco, rovinano la nostra mente, meglio lasciarli sullo scaffale dove si trovano; certi vini, carichi di chimica danno alla testa”.
Trabucchi non era mai stato a Terni. E’ rimasto colpito dalla prima cosa che ha visto, ovverosia, la grande pressa davanti alla stazione:”dà il senso della storia dell’impresa, della fatica dei nostri operai”. Anche se pensa che il futuro di tutta l’Italia “sia orientato ad altre produzioni meno violente, meno pesanti, meno inquinanti, come l’arte, la cultura, il turismo, l’enologia, la gastronomia” anche perché “l’Italia subisce la concorrenza di altri paesi che producono a prezzi più bassi violando le regole”.