DI CHIARA FURIANI
E poi furono scintille.
Letteralmente posseduto dal demone della musica, il cantante-pianista inglese Jamie Cullum ha stregato il pubblico del Santa Giuliana come non mai.
L’ha fatto cantare, ballare, saltare, divertire, ma soprattutto l’ha fatto godere con un sound e una performance finalmente maturi al 100%, portati al punto di ebollizione anche a causa della lunga e forzata pausa dovuta al covid.
Cullum a Perugia c’era già stato più volte a partire dal 2006, poco dopo essersi rivelato al grande pubblico coi suoi primi due esplosivi album.
Un crooner di razza, splendidamente dotato sia al pianoforte che alla voce, che da subito aveva dimostrato una verve non comune nel rivitalizzare il repertorio degli standard americani con uno spirito fresco e pungente.
Ma mai come quest’anno, Cullum ha dimostrato di non essere solo fortissimo in studio, bensì anche dal vivo.
A mantenere altissimo il livello della serata ci ha pensato Christone “Kingfish” Ingram, che ha più che degnamente raccolto il testimone.
Il corpulento chitarrista-cantante è considerato l’erede del mai troppo compianto B.B. King.
Se forse il paragone appare troppo forzato, è pur vero che il giovanissimo – appena ventitreenne – bluesman del Mississipi vola già davvero alto.
Vero virtuoso dello strumento, Ingram radica il suo suono nella tradizione blues, ma allo stesso tempo la rivitalizza, rendendola fresca e vivace.
A completare il quadro, una vocalità rotonda, corposa, ma agilissima.
Insomma, un artista già maturo, che può permettersi anche di reggere il confronto con i grandi che lo hanno preceduto, senza timore di risultare banale, regalando come bis una esaltante cover della “Hey Joe” di hendrixiana memoria, che ha ulteriormente galvanizzato l’audience.