Lo scacchiere dell’acciaio italiano è in grande movimento: nell’acciaieria di Taranto, in questi giorni, Invitalia, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’
Guarda Taranto e vedi Terni: all’Ast l’accelerazione del processo di vendita, è stata automatica alla notizia del ritorno dello Stato imprenditore, con la banca d’affari Jp Morgan, già indicata in passato, che sta scaldando i motori per valutare le offerte per l’acquisto del colosso ternano. Chi ancora non crede al ritorno della vecchia Finsider dovrebbe leggersi la mozione di Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia, che è stata approvata all’unanimità in Senato, proprio ieri e con la quale si chiede al Governo di salvaguardare tutta la siderurgia italiana, non solo Taranto ma anche Piombino, Trieste e Terni.
E così, stando alle notizie di corridoio, Invitalia sarebbe già pronta ad acquistare il 30% del capitale sociale della società tedesca: insieme al braccio finanziario dello Stato, nella sua qualità di socio privato, ecco pronto Arvedi, azienda che è stata sempre accostata all’acquisto, più del gruppo Marcegaglia, nonostante il pressing dell’anno scorso. Ma è anche pronta ad entrare pure una multinazionale svizzera dell’acciaio, (forse la Schmolz + Bichenbach, ma sono solo voci). Come socio privato rimarrà pure la Thyssenkrupp, almeno nel primo periodo, con una piccola partecipazione azionaria. C’è anche chi sta allestendo un organigramma delle funzioni apicali della nuova azienda ternana. Lo riporta su CityJournal, Marco Brunacci, giornalista molto al dentro, il quale sostiene come in pole position per guidare la nuova società, in qualità di amministratore delegato, ci sarà, per la parte privata, una donna, non italiana, cosa che esclude automaticamente il ritorno della Morselli.
“L’acciaio in Italia – osserva il senatore Urso – ha una lunga tradizione industriale, caratterizzata dall’eccellenza e dalla flessibilità tipica del made in Italy che ha consentito alle imprese nazionali di mostrare grande resilienza di fronte alle sfide poste dai colossi internazionali, con capacità produttive enormemente più elevate, e ai cambiamenti del mercato legati alle diverse modalità di utilizzo dell’acciaio nei Paesi ad economie avanzate rispetto alle economie emergenti”.
“Per queste ragioni – aggiunge il senatore di Fratelli d’Italia – la siderurgia italiana mantiene un ruolo di primo piano non solo nel contesto economico nazionale ma anche in quello europeo e globale, essendo la seconda potenza produttiva a livello continentale dopo la Germania e la decima a livello mondiale. L’Italia ha quattro siti siderurgici di rilevanza nazionale a Taranto, Piombino, Trieste e Terni, tutti coinvolti in opere di ristrutturazioni tecnologiche e industriali anche al fine della necessaria salvaguardia ambientale.
“Nel Recovery fund – precisa Urso – sono previste risorse significative per la transizione ad una produzione sostenibile ed ecocompatibile, dal fondo europeo per la transizione per la decarbonizzazione potrebbero arrivare le risorse (pari a circa 2 miliardi di euro) necessarie per riconvertire lo stabilimento siderurgico di Taranto e spingerlo verso il graduale addio al carbone, così come la riconversione di Piombino e l’ammodernamento di Terni. Con alcune operazioni aziendali ben definite per i siti di Taranto, Piombino e Terni potrebbe ricomporsi una ‘squadra’ di fabbriche siderurgiche di primo piano e, accanto ad aziende con proprietà prevalentemente straniera (Jindal e Arcelor Mittal), si affiancherebbero vere e proprie eccellenze nazionali, caratterizzate dalla flessibilità basata sulla tecnologia del forno elettrico, che consente di adeguare la produzione alla domanda e all’aumentata qualità delle produzioni”.