Adesso si aspetta la risposta del Prefetto. Sicuramente quello di Perugia, probabilmente anche quello di Terni. Perché il commissario Enrico Rossi ha chiesto il parere sulla possibilità di indire le votazioni per il congresso del Partito Democratico umbro. Risultato: intanto, in assenza di risposta, sono saltate le consultazioni in un alcuni circoli del perugino. Per Terni c’è ancora tempo qualche giorno.
Ne deriva che chi vuole provare a rifondarlo, quel partito, deve essere dotato di volontà ferrea, costanza da certosino, passione infinita, fiducia incrollabile. Roba da prenotarsi il ritratto su un “santino”.
Eppure c’è chi insiste e ritiene che una qualche maniera di organizzare la consultazione ci sia, senza derogare alla sicurezza che il momento richiede. Oltretutto in fondo non c’è da aspettarsi la marea di votanti di tanti anni addietro, quando l’impegno e la militanza erano larghi e nemmeno quella degli ultimi anni quando le sezioni di voto al congresso si affollavano di facce mai viste, “truppe cammellate” trascinate dalle cordate che qualcuno, forse per darsi un tono, definiva correnti.
Non è che non portino nocumento due anni- o più – come nel caso di Terni – senza un punto di riferimento per i pochi rappresentanti nelle istituzioni; senza la possibilità di sviluppare una discussione franca che conduca alla costruzione di linee, proposte, progetti e che raccolga le istanze dei cittadini. Se non altro perché rafforza l’immagine di un Pd distratto, non adeguato, avvolto in una specie di inedia. Proprio nel momento in cui invece, proprio per il gioco democratico, non sarebbe male l’esistenza di un’organizzazione che svolga il ruolo di opposizione di un certo calibro, costruttiva, propositiva, alternativa. Perché sarebbe anche opportuno che si cominci a costruire un qualcosa di alternativo, specie a Terni – ma anche in Regione- dove si assiste ad un esercizio del potere da parte di una Lega prorompente, forte di un largo consenso al punto di potersi permettere in alcune occasioni di snobbare anche i partner di governo locale.
C’è tempo? E’ giusto dilungarsi in discussioni? Buona la seconda, forse. Ma la questione tempo è un altro paio di maniche. Discutere sì, ma poi giungere a sintesi, cercare un accordo, e via tutti a remare -possibilmente – dalla stessa parte. Cosa che – va detto – nel caso ternano ha trovato applicazione nelle due candidature unitarie ai congressi provinciale e comunale. Fabrizio Bellini candidato al provinciale e Pierluigi Spinelli al Comunale. Candidati unici – quando arriverà il nulla osta prefettizio – sono anche Camilla Laureti alla segreteria provinciale di Perugia, e Tommaso Bori, alla segreteria regionale. Loro due, però, lo sono diventati attraverso un altro percorso che non è affatto unitario essendo frutto della rinuncia degli altri candidati che, con motivazioni leggermente diverse tra loro, si sono trovati concordi nel chiedere un ulteriore rinvio.
In un modo o nell’altro solo candidati unici e decisi ad andare avanti, dichiarandosi pronti ad “aprire” in qualsiasi momento. E alla fin fine d’accordo con l’idea di chi propone di tirare una riga e ricominciare daccapo, senza cancellare il passato: gli errori non vanno dimenticati se non altro perché sono lì a far presente che in quel modo, come si è fatto fino alla riga, non va bene. Sotto la riga andrebbe così l’epoca dei capobastone, di certe organizzazioni correntizie diventate espressione di esigenze e mire personali; che hanno portato il Pd a guardarsi l’ombelico dimenticando il mondo esterno, che ormai lo ha identificato come il partito del potere, percorso da una battaglia interna le cui vittime più numerose sono state determinate dal “fuoco amico”. Con la concentrazione tutta dedicata alle guerre intestine ci si è dimenticati tradizione e veri scopi di un partito.
Inevitabile la perdita di credibilità e di consenso, da parte di cittadini, simpatizzanti e militanti delusi. Uno stato d’animo determinato soprattutto da motivazioni locali visto che alle elezioni politiche non si è visto il fuggi fuggi registrato alle comunali del ’18 e alle regionali del ’20. Con un tentativo, a Terni, di reazione che è stato subito frustrato nel momento in cui il segretario comunale, chiamato per la difficoltà del momento quale unico eletto in Parlamento, ha abbandonato baracca e burattini traslocando in Italia Viva e lasciando senza braghe un partito che in braghe di tela c’era già. Si costituì, con la forza della disperazione, un comitato “di salute pubblica”. Qualche “grande vecchio” ed un manipolo di volenterosi. Coi limiti, le manchevolezze connaturate ad un’operazione del genere. Ma con la volontà di far bene, mettendoci tigna e passione, cercando di ricostruire, di assicurare una presenza sperando in una quanto più rapida possibile celebrazione di un congresso che desse strumenti più adatti ad operare. In un quadro politico che riservava e continua a riservare al Pd una strada in salita ripidissima e scivolosa. Da qui il richiamo ribadito anche in una riunione on line l’altro giorno, a tutti, ma proprio tutti, affinché si cambi. D’altra parte non pare che per nessuno questo sia il momento adatto per uscire dal campo portandosi via il pallone. In fondo, al giorno d’oggi, un altro pallone prima o dopo lo si trova!