“La più bella officina siderurgica del mondo”, così fu definita la fabbrica di Terni da Henri Schneider, maestro della fucina francese della seconda metà dell’Ottocento. A questo importante stabilimento il Gruppo Archeologico D.L.F. Terni ha dedicato un incontro, nel Caffè Letterario della biblioteca comunale, con il professor Marco Venanzi.
”La nostra antica fabbrica, ha evidenziato Maria Cristina Locci responsabile Gruppo Archeologico DLF, pur affondando le sue radici nell’ 800 si rivela straordinariamente contemporanea e guarda verso il futuro. Fu per decenni la principale industria siderurgica italiana, teatro di importanti innovazioni impiantistiche e tecnologiche, come il celebre maglio da cento tonnellate, il più grande mai realizzato. Questo incontro intende rinnovare quel legame indissolubile tra la città e l’acciaieria, evidenziato recentemente anche dalla RAI quando, nella notte di San Silvestro, la città, idealmente posta al centro del mondo, ha accompagnato il pubblico verso il nuovo anno. La nostra acciaieria vista così come luogo simbolo del lavoro e della ripartenza verso un periodo che possa valorizzare le diverse forze e peculiarità: una memoria condivisa è fondamentale per costruire insieme il futuro.”
“Venne definito il più bello stabilimento del mondo da chi lo ha costruito, ha spiegato il professor Venanzi, chiaramente eravamo negli anni della seconda rivoluzione industriale, l’Italia si avviava ad un percorso di industrializzazione complesso, difficile, che avrebbe poi trovato in realtà negli anni di Giolitti e poi dopo la seconda guerra mondiale il suo grande sviluppo.
Comunque era un’acciaieria del tutto particolare perché usava l’acqua laddove possibile. Si cercava di utilizzare la forza idraulica limitando l’utilizzo dei combustibili fossili, quindi di carbone importato, sostituendoli con la lignite. Dal punto di vista tecnologico in effetti era eccezionale. Gli artefici di tutto questo sono un gruppo di pionieri, dal ministro Brin a Cassian Bon, a Vincenzo Stefano Breda. Un gruppo che dopo l’Unità avvia il nostro Paese verso un percorso che lo ha portato oggi ad essere uno dei grandi Paesi industriali del mondo.
Oggi la sensibilità è cambiata rispetto all’industria, rispetto ai problemi e alla complessità dell’industria soprattutto quelle come quella ternana collocata vicino al centro città. Certamente è un impianto di importanza europea ancora oggi e continua ad essere un caso eccezionale perché una acciaieria collocata in mezzo all’Appennino, lontano dal mare, sempre senza carbone, costituisce comunque un’eccezionalità.”
E oggi, poi, si cerca di intraprendere la strada dell’idrogeno.
“Il problema energetico è fondamentale. Chiaramente la Terni all’epoca costruì il sistema idroelettrico Nera-Velino che poi però venne nazionalizzato quando fu creata l’Enel quindi la dotazione di energia elettrica diventò pubblica e alla Terni vennero tolte le centrali elettriche con un accordo, una convenzione, che fino a pochi anni fa permetteva allo stabilimento di consumare energia non a prezzo di mercato. Questo contratto si è esaurito e ora bisogna ripensare tutto l’aspetto energetico anche in chiave ambientale. È una partita del futuro, ma lo è sempre stata. Sempre la questione energia è stata al centro della siderurgia ternana.”
Non poteva mancare un accenno sul recente passaggio dell’Ast dal gruppo Thyssenkrupp ad Arvedi.
“Io lo vedo positivamente, ha detto il professor Venanzi, almeno per quanto si può capire dai giornali. Sicuramente la reintroduzione del magnetico va al cuore dei ternani. Una produzione di acciaio magnetico iniziata negli anni Venti proprio in relazione allo sviluppo dell’idroelettrico. Questo è indubbiamente positivo”.