Di Chiara Furiani
Magari il clangore delle armi, il furore e la violenza fossero solo quelli fittizi dell’arte.
Magari gli esseri umani incanalassero la propria inguaribile aggressività, la pulsione di morte solo così, nell’atto performativo.
Allora quella sarebbe la miglior cura, la migliore catarsi, così come il sangue delle tragedie greche.
Tra i tanti capaci di esprimere questo “Sturm und Drang” in musica, gli Swans occupano un posto d’onore.
Sulla breccia già dagli anni ’80, questa band newyorchese porta in scena pervicacemente dei veri e propri riti collettivi – riduttivo definirli semplicemente concerti – caratterizzati da un “wall of sound” che ha un volume quasi insostenibile senza una protezione per le orecchie.
Ma se ci lascia andare è impossibile non farsi trascinare altrove, verso una dimensione ancestrale e abissale, quasi lovecraftiana, e la performance poco a poco si trasforma in un immenso mantra che si vorrebbe non finisse mai.
Tante le definizioni che si potrebbe scomodare e altrettante le parentele, ma quel che conta è che tra sonorità industrial, noise, gothic e persino qualche afflato folk, gli Swans negli anni hanno sviluppato un loro sound compatto, organico e ben riconoscibile.
Domina su tutto la figura dell’iconico front man, Michael Gira, che dirige i volumi, i crescendo e i diminuendo dei vari musicisti, guida i giochi e fa come da sacerdote di questa ieratica ma laicissima celebrazione.
Mutatis mutandis, Gira possiede quasi la potenza evocativa di un Jim Morrison, pur non avendone la stessa teatralità e carnalita’, ma il timbro e la solennità della dizione lo ricordano.
Tutt’altra la sostanza musicale, perché per gli Swans spesso e volentieri non esiste la forma canzone e specie dal vivo il concerto assume la fisionomia di una lunghissima suite praticamente senza soluzione di continuità.
La scrittura poi è quasi minimalista, con armonia e melodia essenziali, ripetitive, se non fosse per i frequenti cambi di dinamica e i fortissimi e profondissimi bassi che colpiscono potenti al basso ventre.
A tratti alcuni paesaggi sonori potrebbero infatti persino ricordare Philip Glass, ma certo l’impatto sonoro, la “botta” è totalmente altra.
Come spesso accade in Umbria negli ultimi anni per eventi musicali avantgarde di respiro internazionale, è stata Foligno, degnissimo contraltare di Degustazioni musicali e Baravai di Terni, ad ospitare questa band immensa.
Tante le realtà attive nel campo musicale e culturale che animano la vivace cittadina della Valle Umbra.
È stato l’attivissimo e coraggioso management Athanor ad accaparrarsi gli Swans quasi in esclusiva – unica altra tappa italiana a Milano – e il 18 novembre sempre all’Auditorium di San Domenico sarà invece la volta dell’inossidabile Angelo Branduardi e delle sue medievaleggianti atmosfere.
Non si può dimenticare, tra gli altri, anche l’interessante rassegna Young Jazz che propone a breve tre diversi appuntamenti.
Imperdibili il 10 dicembre The Necks, trio jazz australiano di culto da sempre all’avanguardia, che della ricerca ha fatto la propria bandiera.