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    Pioggia di bombe su Terni. Era l’11 agosto 1943

    SERGIO FAZI

    11 agosto 1943. Rosina si salvò dalle bombe, insieme a sua figlia, grazie alle calze nuove

    Perché Terni fu martoriata dai bombardamenti alleati. Le vittime civili? Oggi si direbbe “danni collaterali”

    Terni. Pini pericolosi. Si prosegue con gli abbattimenti

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Perché Terni fu martoriata dai bombardamenti alleati. Le vittime civili? Oggi si direbbe “danni collaterali”

di Redazione Terni in Rete
lunedì 11 Agosto 2025 15:05
in Cronaca di Terni, In apertura
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DI DANILO PIRRO

Nel Secondo Dopoguerra Mondiale, gli Alleati (soprattutto britannici e statunitensi) adottarono ampiamente il bombardamento strategico delle città nemiche. In particolare, si svilupparono due approcci complementari: Bombardamenti “di area” (morale): Il Bomber Command britannico, sotto Sir Arthur Harris, privilegiò incursioni notturne su ampie zone urbane per fiaccare il morale della popolazione e disorganizzare il paese nemico. Nel 1942–43 ciò fu applicato alle città italiane, con ripetuti raid su centri industriali del Nord (Torino, Milano, Genova ecc.) e su Roma, allo scopo deliberato di provocare il collasso del sostegno popolare al regime fascista. Gli storici concordano che i bombardamenti dell’estate 1943 contribuirono infatti alla caduta di Mussolini (25 luglio 1943), alimentando scioperi e proteste contro la guerra. Si trattò di uno dei rari casi in cui il bombardamento aereo poté aver prodotto un effetto politico tangibile, in linea con gli obiettivi alleati di minare la volontà di resistenza

Bombardamenti “di precisione” (tattico-strategici): L’USAAF americana, operando perlopiù di giorno, dichiarava di mirare a bersagli militari o industriali specifici – fabbriche, snodi ferroviari, porti, aeroporti – per indebolire la capacità bellica nemica. In Italia, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 (con il paese divenuto cobelligerante), cessarono i bombardamenti di area “terroristici” sulla carta, e le incursioni successive furono ufficialmente rivolte solo a obiettivi bellici tedeschi (installazioni occupate dai nazisti, vie di comunicazione, ecc.). Di fatto, però, l’accuratezza limitata della tecnologia dell’epoca fece sì che anche i raid “mirati” continuassero a colpire estese aree civili. Un esempio emblematico: il primo bombardamento di Torino dopo l’armistizio (8 novembre 1943) era diretto alle officine RIV e allo scalo merci, ma molte delle 168 tonnellate di bombe sganciate dai B-17 caddero sparpagliate sulla città, uccidendo oltre 200 civili. Allo stesso modo, quasi ogni attacco “mirato” su centri urbani italiani durante la campagna 1943–45 comportò gravi danni collaterali ai quartieri abitati.

Questa dinamica portò a una tragica contraddizione: mentre gli Alleati affermavano di voler “liberare” l’Italia dal nazifascismo, i loro bombardamenti continuavano a mietere vittime italiane in gran numero. Si stima infatti che oltre 60.000 civili italiani siano morti sotto le bombe anglo-americane, e sorprendentemente i due terzi di queste vittime si ebbero dopo l’Armistizio (quando l’Italia non era più nemica ma campo di battaglia contro i tedeschi). In totale, le perdite civili causate da bombardamenti in Italia vengono stimate fra 80.000 e 100.000 morti. Gli italiani, in pratica, divennero “ostaggi” delle operazioni militari sul loro suolo: la distruzione delle infrastrutture e delle città fu considerata un prezzo necessario per sconfiggere la Germania.

Terni come obiettivo strategico

Terni, seconda città dell’Umbria, rappresenta un caso emblematico di questa strategia. La città aveva una forte vocazione industriale: ospitava le Acciaierie di Terni (importante complesso siderurgico e fonderia, produttore di acciaio per armamenti) e costituiva un nodo ferroviario cruciale (scalo di smistamento lungo l’asse Roma-Ancona). Proprio il suo smistamento ferroviario divenne il bersaglio dichiarato del primo bombardamento alleato in Umbria. Dall’estate 1943 in avanti, Terni fu inserita negli elenchi dei target militari da neutralizzare: interrompere i collegamenti ferroviari e fermare la produzione bellica locale avrebbe ostacolato il rifornimento delle forze italo-tedesche.

Le Forze Aeree Alleate impiegarono soprattutto bombardieri americani sulla zona. I rapporti operativi indicano che lo scalo ferroviario di Terni fu ripetutamente attaccato nel 1943-44. Ad esempio, il diario di guerra del 340º Bomb Group (USAAF) menziona missioni nel dicembre 1943 con “obiettivo il nodo ferroviario di Terni”. Spesso più squadroni bombardavano in formazione: in una missione del 19 dicembre 1943, “l’887º guidò l’886º e 486º su un buon allineamento” verso Terni. Questi documenti confermano che Terni era considerata un obiettivo militare di rilievo, al pari di altri scali umbri (ad es. Foligno) o di snodi toscani (Firenze, Pisa) che servivano le linee di rifornimento tedesche.

I bombardamenti su Terni (1943–1944)

Il primo massiccio bombardamento di Terni avvenne l’11 agosto 1943. Alle ore 10:29 di quel giorno soleggiato, la popolazione fu sorpresa dal rombo di formazioni aeree in avvicinamento. Si trattava di bombardieri quadrimotori B-17 “Fortezze Volanti” dell’US Army Air Force, decollati dalla Tunisia e appartenenti al 301st Bomb Group (12th Air Force). Secondo i resoconti, due ondate si abbatterono sulla città: una dozzina di velivoli nella prima incursione, seguita circa un’ora dopo da un secondo attacco con 32–36 apparecchi. Complessivamente, furono sganciate circa 236 tonnellate di bombe da 250 kg – un carico distruttivo enorme per una città di medie dimensioni.

L’obiettivo dichiarato era probabilmente lo scalo ferroviario e forse le acciaierie in zona periferica. Tuttavia, la realtà fu che l’intero centro abitato fu investito dalle esplosioni. Il Prefetto di Terni, Antonio Antonucci, nel suo rapporto parlò di “otto minuti d’inferno” in cui 500 bombe di medio calibro devastarono la città. Metà circa degli edifici cittadini risultò distrutta o gravemente danneggiata.

Le perdite umane furono spaventose. Subito dopo l’attacco, le autorità riuscirono a recuperare e seppellire circa 500 salme, con oltre 493 feriti accertati. Ma moltissimi dispersi giacevano ancora sotto le macerie: “non può precisarsi il numero dei morti sotto le macerie, ma si calcola almeno altri 500 cadaveri”, scrisse il Prefetto. Ciò suggerisce che il bilancio reale superò i 1.000 morti solo in quel primo bombardamento. Fu, per Terni, una vera e propria ecatombe. Basti pensare che, poche ore dopo, il Re Vittorio Emanuele III e la Regina si recarono sul luogo per constatare i danni e portare conforto, a dimostrazione dell’impatto emotivo e materiale di quella tragedia.

La chiesa trecentesca di San Lorenzo a Terni ridotta a rudere dopo il bombardamento alleato dell’11 agosto 1943. In quella prima incursione non vi fu praticamente quartiere risparmiato: oltre alla chiesa di S. Lorenzo e al Palazzo Comunale distrutti, furono resi inutilizzabili gli ospedali Principe di Piemonte e l’ospedale civile, demolite scuole e il convento delle Orsoline, e rase al suolo intere zone popolari della città. Tali devastazioni vennero denunciate dalla stampa fascista dell’epoca come un “atto terroristico” deliberato contro la popolazione civile.

Nei mesi successivi, Terni subì altre incursioni aeree a intervalli regolari sino alla liberazione nel giugno 1944. Il 14 marzo 1944 ci fu un bombardamento diurno devastante (obiettivo ancora lo scalo ferroviario) che colpì duramente il quartiere Italia (Battisti) vicino alla stazione, causando centinaia di vittime e lasciando macerie fumanti per giorni (questo attacco è ricordato in vari memoriali locali). Ancora più drammatici furono i giorni che precedettero l’arrivo degli Alleati: nelle notti tra il 4 e il 7 giugno 1944, Terni subì continui bombardamenti anglo-americani “a tappeto”. Nella notte del 4/5 giugno, “alla luce dei razzi illuminanti, squadriglie di bombardieri si avvicendarono su Terni per ben 55 minuti”, racconta il diario del dott. Libero Fornaci (responsabile dei soccorsi). Seguirono un attacco massiccio la mattina del 5 giugno (38 bombardieri che colpirono violentemente la parte sud-est della città) e un altro raid notturno il 6/7 giugno. Nessun luogo era più sicuro: perfino le strutture sanitarie e i rifugi furono colpiti. I pochi cittadini rimasti (circa 2.500 persone, secondo le stime di Fornaci) vivevano rintanati nei bunker, mentre i tedeschi in ritirata facevano saltare ponti e impianti strategici rimasti intatti. Il 14 giugno 1944 le truppe alleate entrarono finalmente a Terni: trovarono una città fantasma, in macerie per larga parte, piegata da dieci mesi di bombardamenti quasi incessanti.

Bombardare i civili: strategia deliberata?

La domanda cruciale è: gli Alleati bombardarono Terni (e altre città italiane) volutamente per colpire i civili e abbatterne il morale, oppure le stragi di popolazione furono un tragico effetto collaterale di attacchi a obiettivi militari? Nel caso di Terni, la risposta sta a metà strada e richiede di considerare distintamente motivazioni strategiche e dinamiche operative.

Strategia di demoralizzazione: è innegabile che, soprattutto prima dell’armistizio del 1943, gli Alleati impiegarono i bombardamenti anche come arma psicologica. Documenti storici mostrano che i comandi anglo-americani volevano “spezzare la schiena all’Italia” bombardandone le città, convinti che ciò avrebbe incoraggiato il popolo e il Re a liberarsi di Mussolini. Ad esempio, “i bombardamenti delle città nell’estate 1943 furono deliberatamente pensati per provocare sollevazioni popolari contro il regime”, specialmente nei centri operai del Nord. Questa dottrina di guerra aerea – per quanto oggi controversa – faceva poco distinzione tra target militare e contesto civile: colpire le fabbriche significava quasi inevitabilmente colpire anche le case degli operai attorno, e minare il morale dei superstiti era considerato un bonus strategico. A Terni, città industriale per eccellenza, è quindi verosimile che gli Alleati non fossero indifferenti all’effetto morale di un devastante attacco: distruggere il centro urbano avrebbe alimentato paura, sfiducia nel governo fascista e il desiderio di porre fine alla guerra. Del resto, gli stessi fascisti lo ammisero indirettamente: il giorno dopo, il Corriere della Sera definì il raid un “atto terroristico degli americani” e scrisse che essi avevano “preferito come obiettivi le chiese, gli ospedali, le case operaie” invece delle fabbriche. Si sottolineò come la “linea di demarcazione” tra la vecchia città e la zona industriale fosse ben visibile dall’alto, suggerendo che non fu un errore ma una scelta colpire anche il cuore abitato. In effetti, si constatò che i danni agli impianti industriali furono minimi (appena due morti nell’area delle acciaierie), mentre *“notevoli sono le perdite tra la popolazione civile”*. Questa valutazione lascia intendere che, almeno secondo le autorità locali dell’epoca, l’attacco mirasse a punire la città più che a distruggere un singolo bersaglio militare.

Va detto chiaramente: misurare il “successo” di un bombardamento dal numero di civili uccisi significa derogare alle leggi di guerra, compiendo atti che oggi definiremmo senza dubbio crimini di guerra. All’epoca, però, tale cinica logica fece breccia in entrambi gli schieramenti – basti pensare ai tedeschi che bombardarono Londra con V1 e V2, e agli Alleati che rase al suolo intere città tedesche e giapponesi. Nel caso di Terni, l’adozione di una tecnica di bombardamento a tappeto (carpet bombing) implicò necessariamente colpire indiscriminatamente un’ampia area. Un testimone locale, Adriano Marinensi, ha scritto che “era la tecnica dei bombardamenti a tappeto. Il loro successo veniva calcolato, in termini militari, secondo il numero delle vittime civili”, bollando quindi tali azioni come nient’altro che crimini bellici. Sebbene questa sia un’affermazione carica di condanna morale a posteriori, riflette una realtà oggettiva: le incursioni anglo-americane del 1943–44 su città come Terni non risparmiarono i civili, anzi li colpirono in pieno, coerentemente (purtroppo) con l’idea strategica di fiaccare la popolazione nemica.

Errori di mira e danni collaterali: D’altra parte, vi è ampio materiale d’archivio che suggerisce come gli Alleati mirassero effettivamente a obiettivi militari specifici, e che spesso le stragi civili furono il risultato di errori o limiti tecnici. Nel contesto di Terni, gli americani intendevano colpire principalmente lo scalo ferroviario – un bersaglio relativamente piccolo in prossimità del centro abitato. Le bombe però erano sganciate da alta quota (4.000–5.000 metri) e la precisione del bombardamento era molto bassa rispetto agli standard odierni. I diari delle unità americane lo confermano: nella missione del 9 dicembre 1943 sullo scalo ternano, i piloti riferirono al rientro che *“forse qualche bomba è caduta sullo scalo, ma la maggior parte ha oltrepassato il bersaglio”*. Ciò implica che una buona parte dell’armamento finì fuori dall’area ferroviaria, cioè sui quartieri vicini. Un resoconto di un’altra incursione nota che uno degli squadroni “ha mancato il bersaglio”, mentre altri colpirono i binari ad est dello scalo – ancora una volta, bombe fuori centro. Insomma, nonostante l’uso del mirino Norden e di accurate pianificazioni, era comune che solo una frazione degli ordigni colpisse l’obiettivo designato, spargendo le restanti bombe tutt’intorno. In una città come Terni, ciò significava inevitabilmente colpire case, chiese, rifugi antiaerei e civili in fuga.

Bombardieri Boeing B-17 “Fortezze Volanti” sganciano il loro carico di bombe durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1943–44, gli Alleati combinarono bombardamenti d’area per indebolire il morale nemico con incursioni mirate su obiettivi strategici (fabbriche, ponti, stazioni). In entrambi i casi, l’accuratezza limitata dell’epoca faceva sì che anche i raid più “precisi” causassero estese perdite tra i civili.

Un altro elemento da considerare è la possibile sottovalutazione o errata valutazione dell’effetto delle esplosioni. Le bombe da 250 kg sganciate a grappoli avevano un raggio distruttivo ampio: se l’obiettivo era vicino a zone abitate (come nel caso della stazione di Terni, adiacente a quartieri popolari e al centro storico), era praticamente certo che anche centrando in pieno il bersaglio si sarebbero comunque distrutte strutture civili attorno. Inoltre, qualche bomba “lunga” o “corta” avrebbe colpito zone residenziali. Gli Alleati accettarono questi danni collaterali come parte dell’operazione. Si potrebbe dire che, pur non avendo come scopo primario il massacro di civili, essi misero in conto la morte di molte persone innocenti pur di colpire un obiettivo ritenuto importante. Ciò è evidente dal proseguire dei bombardamenti su Terni e altre città anche quando il rapporto costo umano/valore militare diventava altissimo.

Infine, vi sono testimonianze di episodi ancora più controversi, ad esempio mitragliamenti a bassa quota sui civili in fuga. La cronaca fascista dell’11 agosto 1943 racconta che, dopo le bombe, *“alcuni aerei si abbassarono sulla periferia e persino sulla campagna mitragliando donne e bambini che avevano cercato scampo nei prati”*. Se questo fatto è realmente accaduto (va detto che potrebbe anche essere enfatizzato dalla propaganda), configurerebbe un’azione deliberata contro persone indifese, quindi un atto volontario di terrorismo. Episodi analoghi si verificarono altrove in Italia: spesso i caccia di scorta o i cacciabombardieri colpivano veicoli sulle strade o persone ritenute potenziali militari in movimento. La linea tra obiettivo militare e civile, in simili frangenti, diventava estremamente labile.

Confronto con altri casi nazionali

Il dramma vissuto da Terni, per quanto enorme, non fu un caso isolato. In tutta Italia numerosi centri subirono bombardamenti devastanti con caratteristiche simili, dove l’intento bellico si mescolò al terrore inflitto alla popolazione:

Roma, 19 luglio 1943: 662 bombardieri alleati colpirono il quartiere San Lorenzo e lo scalo ferroviario Tiburtino. Sebbene l’obiettivo fosse militare (lo snodo ferroviario), la dispersione delle bombe devastò il quartiere popolare circostante e parte del Verano. I morti furono stimati tra 1.500 e 3.000 (fonti diverse riportano cifre variabili), con oltre 11.000 senzatetto. Fu un colpo psicologico enorme: per la prima volta la Capitale, ricca di tesori artistici e fin lì risparmiata, vedeva “la guerra mostrare tutta la sua brutalità” in casa propria. Questo bombardamento – e un secondo il 13 agosto su altri quartieri – scosse profondamente l’opinione pubblica romana e italiana.

Foggia, estate 1943: Città strategica per i suoi aeroporti, Foggia subì una serie di raid anglo-americani micidiali. Il peggiore fu quello del 19 agosto 1943, quando un bombardamento a tappeto rase al suolo gran parte del centro provocando oltre 9.000 morti in un solo giorno. Interi quartieri furono annientati e la città fu soprannominata “la Dresda d’Italia” per l’enormità delle perdite umane. In questo caso, come a Terni, si parlò apertamente di bombardamento terroristico: l’azione superò di molto la neutralizzazione degli aeroporti (già distrutti nei giorni precedenti) e apparve mirata a piegare definitivamente l’abitato.

Reggio Calabria, 1943: In preparazione dello sbarco alleato in continente (Operazione Baytown, settembre ’43), la città di Reggio fu bombardata 24 volte consecutive nelle settimane precedenti. Ogni infrastruttura portuale o ferroviaria fu distrutta e, nonostante ciò, “i bombardamenti si protrassero ulteriormente”. Quando le truppe britanniche vi entrarono il 9 settembre, trovarono “una città ridotta a un mucchio di macerie”: i morti civili erano 3.986, i feriti oltre 12.000 e il 70% degli edifici risultava distrutto o gravemente danneggiato. Reggio è un esempio di come obiettivi sicuramente militari (la città era un punto di sbarco previsto e andava neutralizzata) portarono però alla quasi totale distruzione di un centro urbano, senza che la popolazione avesse possibilità di evacuare del tutto.

Altri centri colpiti: Napoli subì devastanti bombardamenti nel ’43 (ad esempio l’attacco al porto del 4 agosto 1943 fece circa 3000 vittime, contribuendo a fomentare la rabbia popolare che sfociò nelle Quattro Giornate del settembre ’43). La Spezia e Toulon (arsenali navali) furono colpite ripetutamente con pesanti perdite anche tra i civili. Treviso fu quasi rasa al suolo da un’incursione alleata nell’aprile 1944 (oltre 1.600 morti in pochi minuti) a causa di un errore di navigazione che portò a sganciare sul centro cittadino invece che sul bersaglio militare periferico. Milano e Torino conobbero sia i bombardamenti strategici del 1942-43 (che indussero l’evacuazione di centinaia di migliaia di abitanti) sia quelli “di precisione” del 1944, anch’essi con considerevoli danni collaterali. Ad esempio Torino, bombardata a ondate multiple, vide distrutto il 38% del patrimonio abitativo urbano complessivo e contò circa 2.000 morti civili durante la guerra.

In sintesi, colpire obiettivi militari situati in città comportò quasi ovunque stragi di civili. Gli Alleati, pur non avendo l’intento genocida dei nazisti, dimostrarono una crescente spietatezza nell’uso della forza aerea, giustificata dall’urgenza di abbreviare il conflitto. E l’Italia, specie nel 1943, fece le spese di questa strategia: come osserva lo storico M. Evangelista, “il destino di miseria unico nel suo genere che colpì il popolo italiano” fu di essere bombardato prima da nemico e poi da alleato, in nome della liberazione.

Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, per il caso di Terni possiamo concludere che la verità sta in entrambi gli aspetti: i bombardamenti alleati sulla città ebbero certamente una componente di strategia del terrore, mirata a scuotere il morale e la fiducia nel regime, ma allo stesso tempo la maggior parte delle bombe cadde sui civili a causa di errori di puntamento o dell’inevitabile imprecisione nel colpire obiettivi bellici in area urbana.

Da un lato, gli Alleati non esitarono a colpire i centri cittadini nemici quando lo ritennero funzionale a vincere la guerra. Le direttive strategiche del 1943 incoraggiarono chiaramente di “bombardare e bombardare” l’Italia per costringerla alla resa In questo senso, il terrore dei civili faceva parte della strategia – un fatto duro da accettare, ma corroborato dalle cronache (le sirene d’allarme, l’esodo di massa della popolazione ternana dopo i primi raid, sono tutte prove dell’impatto morale cercato e ottenuto). La popolazione di Terni, come quelle di altre città, perse ogni fiducia nella protezione del regime di fronte alle “piogge di bombe”. Possiamo quindi ritenere fondato il fatto che, almeno in parte, gli Alleati utilizzarono i bombardamenti anche per “minare il morale e la fiducia nel regime”, come suggerito nella domanda.

Dall’altro lato, però, va ridimensionata l’idea di un attacco deliberatamente mirato sui civili al 100%: Terni fu scelta come target principalmente per i suoi obiettivi militari (scalo e acciaierie). L’intenzione primaria dei comandi era di distruggere quelle infrastrutture vitali per il nemico. Che poi l’attuazione di tale intento abbia causato i medesimi effetti di un bombardamento indiscriminato è tragicamente vero, ma dovuto anche ai mezzi disponibili. In molti casi, come abbiamo visto, gli equipaggi alleati credevano di colpire un bersaglio “giusto” e non si rendevano conto esattamente di cosa avessero distrutto finché i fumi non si diradavano (spesso rivelando quartieri annientati anziché solo fabbriche o binari). In sostanza, le stragi di civili a Terni furono il risultato prevedibile – ma non sempre calcolato con precisione – di bombardamenti su obiettivi militari in area urbana.

È importante inoltre ricordare il contesto di escalation bellica: nel 1943–44 la guerra aerea raggiunse livelli di violenza senza precedenti su tutti i fronti. Gli Alleati, dopo anni di combattimenti sanguinosi, erano determinati a piegare l’Asse con ogni mezzo. Ciò portò a giustificare azioni che oggi giudicheremmo inaccettabili. Il fatto che la maggior parte dei civili italiani morti sotto le bombe sia perita quando l’Italia era già uscita dall’Asse (quindi in teoria “amica”) è uno degli aspetti più paradossali della Seconda Guerra Mondiale. Ma va interpretato non come volontà punitiva verso gli italiani, bensì come indifferenza strategica verso di essi: ciò che contava era distruggere i tedeschi, a costo di colpire anche gli italiani intorno a loro. In questo senso, le vittime di Terni – come quelle di Foggia, di Treviso, di Napoli – furono in gran parte “effetti collaterali” consapevolmente accettati dagli Alleati in vista di un fine ritenuto superiore (la liberazione dell’Europa dal nazifascismo).

In conclusione, riguardo a Terni possiamo affermare che gli Alleati non avevano come “strategia” esplicita quella di massacrare i civili, ma avevano sicuramente la strategia di bombardare anche le città (non solo obiettivi isolati) per accelerare la fine della guerra. Nel farlo, misero in atto bombardamenti talmente distruttivi e imprecisi che per chi li subì fu irrilevante la distinzione: le bombe cadevano sui quartieri operai e uccidevano famiglie intere, a prescindere dalle intenzioni. Le bombe su Terni – indirizzate allo scalo ferroviario ma cadute su case, chiese e ospedali – sono emblematiche di questa tragica realtà bellica: furono in parte frutto di errori di valutazione, ma all’interno di un quadro bellico che accettava e talvolta cercava di spezzare il morale civile mediante la devastazione dall’alto. In definitiva, Terni fu vittima sia della logica del bombardamento strategico (che sacrificò i civili per colpire l’industria e demoralizzare il nemico) sia della inevitabile imprecisione tecnica che rendeva quei bombardamenti indiscriminati nei fatti. Un tragico capitolo che ricorda come, in guerra, la linea tra obiettivo militare e terrore sui civili possa diventare terribilmente sottile.

Fonti:

Adriano Marinensi, “Terni: la guerra, le bombe, le distruzioni, i lutti”, in Quotidiano dell’Umbria, 2021 .

Archivio cronache fasciste (La Stampa, Corriere della Sera) cit. in UmbriaSud, *“Le bombe dell’agosto ’43 su Terni… ‘Atto terroristico degli americani’”

Diario storico 340th Bomb Group (USAAF) – trascrizioni missioni di dicembre 1943.

Matthew Evangelista, Allied Air Attacks and Civilian Harm in Italy, 1940–1945, Routledge 2023 – recensione di David Ellwood.

Dati riassuntivi bombardamenti Italia da: CongedatiFolgore (stima 80–100 mila vittime); cronache su Roma, Foggia, Reggio Calabria.

Wikipedia (en) – “Bombing of Turin in WWII” (dettagli su raid strategici vs di precisione).

Tag: 11 agosto 1943bombardamentiseconda guerra mondialeTerni
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