Di Chiara Furiani
Ed è di nuovo Le Guess Who.
Il festival perfetto per chi non si accontenta dei soliti nomi, dei soliti suoni.
Per chi sa che esiste ben altro oltre quanto ci propinano le top ten e l’heavy rotation delle radio.
Sarà pur vero che il mercato musicale e discografico non è più quello degli anni ’70: oggi un genio visionario e ostico come Frank Zappa sarebbe probabilmente lontanissimo dal successo di pubblico, confinato a suonare nel suo scantinato.
Eppure, persino in questi orribili tempi di massificazione verso il basso, chi cerca, trova.
I veri aficionados il biglietto per Le Guess Who lo comprano con un anno di anticipo, a scatola chiusa, senza avere la più pallida idea di ciò che gli riserverà la line-up.
La fiducia è ben riposta, poiché LGW è unico.
Tra i pochi eventi sulla piazza ancora capaci di riservare qualche autentica sorpresa, tra i pochi in grado di regalare una palette davvero variegata, ricca di colori e sfumature.
Utrecht, graziosa cittadina olandese di media grandezza, per 4 giorni all’inizio di novembre diventa una capitale musicale internazionale, con un cartellone che vede esibirsi almeno un’ottantina di artisti al giorno provenienti letteralmente da tutto il globo.
Gli spazi per la cultura in città sono numerosissimi, e questo la dice lunga sull’Olanda.
Ma soprattutto, c’è un contenitore unico e privo di qualsiasi paragone con la grama situazione italiana: ove noi per la musica ci dobbiamo accontentare di teatri, auditorium, e troppo spesso di palazzetti dello sport dall’acustica a dir poco incommentabile, a Utrecht (neanche 400. 000 abitanti) esiste il TivoliVredenburg.
Una costruzione del 2014, non solo spettacolare dal punto di vista architettonico, ma integralmente consacrata alla musica dal vivo, con 5 grandi sale, ognuna con la propria acustica – stellare, ca va sans dire – pensata per uno specifico stile.
Va da sé, il TV è attivo 365 giorni l’anno, ben al di là dei 4 giorni del festival di cui si parla.
Sarà quindi soprattutto – ma non solo – in questa autentica mecca della musica che si dipanera’ il grosso del cartellone.
Per i più pigri si tratta perciò solo di spostarsi da un piano all’altro dello stesso edificio per muoversi tra vari concerti, dal pomeriggio a notte inoltrata, e il godimento è già assicurato.
Spulciando il cartellone, salta agli occhi che anche quest’anno sono tanti gli appuntamenti imperdibili.
E per tutti i gusti: volendo ognuno può costruirsi su misura una personale scaletta a seconda delle proprie inclinazioni, poiché il festival spazia dall’elettronica, alla world music (Africa, Asia, America Latina), al jazz, al soul, all’hip hop, al rock – e anche qui lo spettro è amplissimo, si va dal metal, al punk, all’indie e chi più ne ha più ne metta.
Ciò che accomuna gli artisti che approdano a LGW sono la qualità, l’originalità della proposta, la capacità di aprire uno squarcio su mondi e realtà troppo spesso marginali, portatori invece di grande ricchezza.
Pochissimi i nomi noti, peraltro a chi già di suo è musicalmente “aperto”.
Devendra Banhart su tutti, tra i più celebrati personaggi del new folk statunitense.
È poi i Sunn O ))) da Seattle, massimi rappresentanti del doom metal.
Last but not least, arriva a LGW anche la gallurese Daniela Pes, la voce più incredibile emersa in Italia negli ultimi anni, con i suoi ipnotici “mantra”; per l’occasione in tandem con Iosonouncane, ovvero la mente dietro il progetto Pes e a sua volta straordinario talento musicale nostrano.
Ma, come si diceva, a LGW si viene per aprire occhi e orecchie, e di certo, anche quest’anno, chi vorrà avrà più di un’occasione per lasciarsi sorprendere.














