Domenica 17 aprile c’è il Referendum sulle Trivelle. Per la precisione gli italiani saranno chiamati ad esprimere il loro parere su questo:si vota per l’abrogazione del comma 17, terzo periodo, dell’articolo 6 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come sostituito dal comma 239 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”. Questa norma permette la ricerca e lo sfruttamento di giacimenti petroliferi o di gas naturale nel territorio nazionale compresi i mari entro le dodici miglia dalla costa. Chi vuole l’abrogazione di questa possibilità deve votare Si; viceversa chi vuole che le cose restino come sono e, quindi, vuole che le trivelli continuino a funzionare fino all’esaurimento dei giacimenti, deve votare no.
Nelle ultime settimane le schermaglie polemiche sono aumentate , soprattutto dopo l’invito del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a non recarsi alle urne. Non è il primo Presidente del Consiglio che invita a disertare le urne. C’è il precedente illustre di Bettino Craxi che, nel 1991, invitava gli italiani ad andare al mare piuttosto che esprimersi sull’abolizione della preferenza plurima per la Camera dei Deputati. Andò a finire in un modo che Craxi non poteva immaginare nemmeno lontanamente. Il 9 giugno andò alle urne il 62,5% degli aventi diritto. Il quorum, dunque, fu abbondantemente superato: vinsero i sì con il 95% dei voti e quella circostanza fu l’inizio della fine di Bettino Craxi e dell’intera prima Repubblica che di lì a poco fu travolta da Mani Pulite.
Tornando al referendum di domenica prossima, ieri pomeriggio è stato a TERNI l’onorevole Pippo Civati, ex Partito Democratico, ora POSSIBILE, che è nettamente schierato per il voto e per il sì.
“Certo che vado a votare – ha detto Civati – vado a votare scatenato; è un quesito piccolo, peraltro presentato da 6 regioni governate dal PD, che però chiude definitivamente una questione, cioè la trivellazione, dentro le 12 miglia; è anche una occasione – ha aggiunto Civati – per riflettere su quanto ci guadagna il Paese dalle royalties”.
“Dobbiamo capire – ha sottolineato Civati – quale è il modello di sviluppo, immaginare che da ora al 2034, quando scadrà l’ultima concessione ancora attiva, si possa trovare un altro sistema per produrre energia; vengo da un convegno che si è tenuto a Roma sull’autoproduzione , ci sono piccole e grandi città che sono delle piccole centrali di produzione di energia rinnovabile , forse quella è la strada per dare lavoro, per tutelare la bellezza delle nostre coste”.
Ci sono in ballo qualche migliaio di posti di lavoro. “Le cifre che girano – ha sostenuto Civati – sono inventate , io le stimo, con il lavoro che abbiamo fatto in questi mesi , in 5 mila unità; da qui al 2034, quindi abbiamo 20 anni per riconvertire 5 mila posti di lavoro”.
“Votando sì – ha affermato ancora Civati – si dà un segnale, certamente simbolico, ma che ha un contenuto sostanziale e po fa pensare che l’Italia possa cambiare modello e, dopo tanti anni, è la prima volta che io vengo intervistato sulle questioni ambientali; insomma è un periodo in cui parla di ambiente, in Italia non succede mai eppure domenica sera scopriremo che tantissima gente è andata a votare perché all’ambiente ci tiene”.
“Se il quorum non si raggiunge , non si raggiunge di pochissimo e sarebbe motivo di incazzatura perché Renzi ha scelto di tenere lontanissimo il Referendum dalle amministrative; è un scelta assurda che ci costa 300/350 milioni di euro e sono tutti soldi che prendiamo da quelli che estraggono il petrolio o il gas con le trivelle, anzi, sono molti di più di quelli”.
SUL PARTITO DEMOCRATICO, IL SUO EX PARTITO
“Io me ne sono andato ma in realtà se ne sono andati quelle del PD dagli impegni che avevamo preso con gli elettori; Bersani, Cuperlo, si devono decidere , non si può stare in un partito che fa il contrario di quello in cui credi; non si può sperare in un congresso in cui, se questo è lo schema, vincerà ancora Renzi; noi di POSSIBILE diciamo che c’è un progetto di governo diverso, non per fare le cose che prometteva Berlusconi, ma si devono decidere”.