Con un bel sorriso cordiale Fernando Dominioni ci accoglie nella sua casa-museo, un tripudio di arte con notevoli pezzi scelti con cura ed occhio critico. Fernando è un apprezzato scultore che, oltre ad aver allestito numerose mostre, ha realizzato opere per tutta l’Italia e anche all’estero. Una sua “Pietà” in granito fa bella mostra di se ad Orgosolo, un’altra in bronzo e granito si trova in un parco di Alghero, la Sala d’accoglienza della Basilica di San Francesco ad Assisi ospita permanentemente un suo San Francesco in noce mentre un esemplare in bronzo è stato donato dal Comune di Terni ai francescani della basilica della Natività a Betlemme, due sue opere in bronzo sono state acquisite dal Museo di Saint-Ouen (Parigi). Naturalmente la sua città natale, Terni, è quella con cui è stato più generoso: il “Monumento ai caduti sul lavoro” è collocato in piazzale Bosco, “Abbraccio” si trova nella chiostrina della biblioteca comunale, il “Monumento ai Resistenti”, opera in bronzo, acciaio e pietra alta sei metri, si trova nella rotonda vicina a Ponte Garibaldi, alla Romita di Cesi è collocata la grande scultura in bronzo “Cantico”.
Ex maestro, Fernando ha cominciato a praticare la scultura da giovane autodidatta. Partendo da una componente figurativa di impronta classica, nel prosieguo della sua ricerca estetica, è arrivato a diversificate soluzioni plastiche che alla concretezza formale sostituiscono una stilizzazione di immagini. Le sue figure acquistano quasi una simbologia estetica con forme più intuite che realmente proposte. Il suo ultimo lavoro è costituito da una serie di immagini lignee, simbolo e allegoria.
“Dieci tigli che compongono una sola opera che rappresenta i mali dell’uomo contemporaneo e qual è il male principale? È il vuoto. Ecco, quindi, dieci sculture tutte vuote: l’indifferenza, l’ipocrisia, la manipolazione, la cupidigia, la rassegnazione, la schiavitù, la presunzione, la solitudine, la follia”.
Fernando ha realizzato questo mastodontico lavoro con il forte contributo di Angela Chermaddi, sua moglie: “è con lei che ho progettato tutto, parlando, confrontandoci, a volte anche scontrandoci”.
E Angela, che è anche un’apprezzata poetessa, a proposito di quest’opera ha scritto: “I tigli malati e abbattuti sono risorti in idea-forma, diventati sculture essernziali. Ognuno è rinato come entità sperduta che esprime lo stupore cavo di un patire anestetizzato, ognuno incarna una malattia dell’uomo contemporaneo. L’assenza che tutti noi sperimentiamo in questo tempo convulso di corsa idiota verso il nulla e di cruente solitudini, in essi non è solo assenza di linfa vitale, di corpo, di volto, ma soprattutto di identità, di senso. E’ l’uomo nella sua assenza metafisica, ridotto a sagoma negativa, pura perdita, vuota inquietante nullità. La carne è un sottile involucro sbiancato di tiglio che nella sua verticalizzazione anela alla vita. Il tronco concavo è interrotto da profili aguzzi, iterazione di segni taglienti verticali. Il bosco di tigli si è fatto pluralità decapitata, grido di corpi privi di labbra e di pupille, epifania della fame di speranza. Il ciclo sul Vuoto Contemporaneo è come un cerchio che si muove su se stesso, nel suo ripetersi doloroso, in una concezione dell’esistenza meccanica, senza etica, solidarietà, finalità. E’ il triste, insistente e avvolgente parlare dell’anima, esposta nella sua fragilità e corruzione, di un popolo che si arrotola su se stesso, smarrito e insieme spavaldo. Queste sculture fissano l’assurdo moto di questo oggi che si avvita spanato. Sono riflessione su tanta umanità svuotata, espropriata, schiavizzata. È scuola di resistenza contro la visione frammentaria e tecnocratica della cultura contemporanea che ha prodotto un pericoloso senso di smarrimento e separazione dell’uomo da se stesso e dagli altri”.
A concludere la serie dei tigli di Fernando Dominioni c’è la Crocifissione “che è la speranza – spiega l’artista – e per chi ci crede la speranza passa solo attraverso la Croce.”