Troppo spesso politici e amministratori dimenticano che nel momento in cui assumono veste istituzionale dovrebbero ritenersi espressione e rappresentanti dell’intera collettività. Questo significa che comportamenti, azioni, decisioni e scelte, come ha avuto modo dire il vescovo di Terni Giuseppe Piemontese, debbono essere volti al “bene civile, sociale, morale e spirituale della collettività, di tutto il popolo, della Nazione”. Niente favoritismi, perciò per gruppi, potentati, consorterie, schieramenti.
Appunto troppo spesso, però, chi mette piede nel “palazzo” dimentica che la parola “Istituzione” si scrive con la “I” maiuscola in segno di rispetto e considerazione. Proprio perché è nelle Istituzioni che i cittadini dovrebbero trovare il rispetto dei diritti, della libertà, e la risposta alle difficoltà ai problemi, alle questioni inerenti la loro vita. Anche il Sindaco o il Presidente della Regione e della Provincia, gli assessori, i consiglieri eletti sono Istituzioni e chi si trova a rappresentarle – pro tempore, non in pianta stabile – è vincolato a comportamenti e atteggiamenti consoni al ruolo. Che è identico sia quando si sta nel “palazzo” che quando si va per strada, a far compere, a spasso o a festeggiare con gli amici.
Nella realtà le cose non vanno sempre così. Se un amministratore della cosa pubblica usa il proprio status per avvantaggiare un amico o un cliente a scapito di qualcun altro, l’Istituzione è rispettata? Se un amministratore esercita il proprio mandato non con spirito di servizio, ma di rivalsa e vendetta personale, per una specie di resa dei conti, l’istituzione è rispettata? Se un eletto nelle assemblee mette in scena gazzarre, si comporta da padrone del vapore cavalcando l’arroganza, l’Istituzione è rispettata?
E quegli eletti al consiglio comunale di Terni che hanno omesso di dichiarare pendenze che li avrebbero resi non eleggibili, rispettano l’Istituzione? No, cercano di aggirarla. Costoro, in verità, dovranno comparire davanti al giudice ai primi di maggio. Ci sarà una sentenza che li riguarderà, certo proporzionata alla manchevolezza (chi ha dimenticato una rata della retta d’asilo non può essere equiparato a chi ha taciuto di tasse non pagate per migliaia di euro). E, in caso di sentenza non favorevole, sarà rispettare le Istituzioni il tirare a campare fidando in appelli e contro appelli continuando a sedere nell’aula di Palazzo Spada? La fiducia dei cittadini, in un caso del genere, è ben riposta?
E infine: se un sindaco manda in giro foto ammiccanti che sembrano a volte sfottò nei confronti di altre città o degli avversari politici, o che ammiccano – ancora, ma il verbo giusto è quello – a convinzioni irrispettose di scelte di vita da lui con condivise, dà lustro a quella fascia tricolore che indossa?