La voglia è quella di andare avanti, di non stare a leccarsi le ferite ma di prendere qualcosa di buono– se c’è – dalla batosta di primavera. Intanto è stato letto, seppure con esasperata lentezza, l’avviso che gli elettori gli hanno appeso sull’ingresso della loro sede in via Mazzini: il Pd deve cambiare profondamente o serrare i battenti i quel portone. La sinistra tutta, come si sa, è difficoltà ed è inutile stare sempre a ricordare che la crisi della democrazia è diffusa fuori dell’Europa, in Europa, in Italia e giù giù fino a Terni.
Terni, dove la sconfitta è più forte che da altre parti, “perché questa era una città rossa e più in alto stai più forte è la botta quando cadi”. Un’ “allegoria” tirata fuori nel corso di un’assemblea che nelle stanze impolverate di via Mazzini è stata autoconvocata da gran parte dei circoli Pd. I circoli, i terminali sul territorio. Nemmeno i circoli hanno funzionato, c’è da intendersi, ma è sempre da lì, dagli organismi di base, che possono venire le prese di posizione più radicali e interessanti. L’autoconvocazione ha uno scopo: organizzarsi per rinnovare il Pd ternano, profondamente e davvero. E quindi gli autoconvocati bocciano il calendario previsto secondo cui è convocata per il 14 settembre l’assemblea comunale. E’ quella eletta all’ultimo congresso (pochi mesi fa, ma sono mesi che contano come un secolo) per eleggere il nuovo segretario il quale dovrebbe succedere a Sara Giovannelli, un’altra tra i giovani segretari del Pd, bruciati negli ultimi annni. Un segretario che – dicono – sarebbe ancora una volta espressione di una serie di accordi, contraccordi, bracci di ferro, discussioni sul numero delle mani alzate e non sul perché si alzino.
La richiesta degli autoconvocati – messa nero su bianco in un comunicato diffuso ieri pomeriggio – è quindi un’altra. L’azzeramento di tutto e la nomina di un comitato di garanti, il quale dovrebbe svolgere le funzioni proprie di un commissario che sembra non possa essere nominato. Sarebbe, nella sostanza, un “gentlemen agreement” ammesso che si riesca a trovare il numero sufficiente di gentlemen. Lo scopo sarebbe quello di sgombrare il campo dalle autorefenzialità, dalle guerre delle tessere, dai personalismi esasperati, dai bracci di ferro, dai “capibastone”. Riprendere, insomma, la strada che porta verso la (ri)nascita di una comunità.
Come fare? Certo nessuno può pensare di andare a rubare qualche motosega a via Lungonera e quindi c’è – è sembrato di capire – una sola strada: parlare di politica, elaborare programmi, confrontarsi magari duramente ma sulle idee e sempre nella correttezza, a succhiare quanto di positivo nasce sempre dal confronto dialettico, dall’esame della realtà e della situazione politica, delle esigenze della gente che è poi l’ “utilizzatore finale” delle elaborazioni politiche. Ed aprirsi: alle altre sinistre, alla città. Ma non è facile confrontarsi sulle idee, mettere in campo quel che si è imparato, analizzare serenamente certe situazioni: è sempre più facile misurarsi mettendo sul piatto della bilancia tessere e mani alzate. Le idee, la conoscenza non pesano abbastanza da far muovere il piatto della bilancia.
Si vedrà.