Mons. Giuseppe Piemontese ha celebrato il 2 novembre con una messa nel piazzale antistante il cimitero di Terni, difronte ad autorità civili e militari.
“La celebrazione ecclesiale e cittadina di quest’anno – ha detto il vescovo – assume un tono di particolare intensità: la nostra Regione, e quelle confinanti, hanno visto negli occhi la morte, abbiamo trepidato e temuto anche per la nostra vita, abbiamo pianto insieme a uomini e donne della porta accanto, la scomparsa di padri, madri, fratelli e sorelle. Gli edifici e le case, sbriciolate dalla forza, irrazionale e crudele della natura, del terremoto, hanno ferito in profondità la nostra sensibilità e richiamato e impresso nella memoria antiche e recenti rovine e distruzione. La partenza dai luoghi natii e l’abbandono dei focolari domestici, da parte di intere famiglie e di comunità civili; la vista delle macerie delle case della collettività, le rovine delle chiese e delle superbe cattedrali, vanto di antiche comunità civili ed ecclesiali, stringono un nodo in gola e ci fanno porre inginocchio davanti ad esse, raccolti in una riflessione esistenziale. Un pianto convulso esprime il nostro lamento, che è insieme manifestazione della impotenza umana, invocazione della misericordia di Dio, testimonianza di speranza. La nostra città di Terni non ha conosciuto direttamente l’onta di tanta sofferenza, ma non dimentica le ferite di altre macerie, rovine e morti, quelle patite a causa della insensatezza dei bombardamenti della seconda guerra mondiale”.
“La sofferenza, il dolore, il terremoto, la morte non hanno senso. Non c’è una risposta razionale per tanto dolore. Solo contemplando e seguendo col cuore la vicenda terrena di Gesù e il suo epilogo di passione, morte e risurrezione possiamo trovare una risposta di senso alle sciagure umane e ai nostri vissuti. Ogni esistenza trova realizzazione nella solidarietà e nella condivisione di beni e di sentimenti. Tutti noi in questi giorni – ha proseguito Mons. Piemontese nella sua omelia – ci chiediamo quale sia il senso di tanto dolore, quale è il senso della morte, che in questo giorno e in questo luogo osserviamo e meditiamo. Le nostre generazioni, ormai soverchiate da una cultura materialista ed edonista, hanno smesso di confrontarsi con la morte, rimuovendola dal proprio orizzonte filosofico e da ogni prospettiva educativa. Si vive come se non si dovesse morire, come se essa non fosse la comune eredità di tutti gli uomini, con la conseguenza della impreparazione e della insopportabilità della morte quando inevitabilmente essa giunge.”
” Ad aggravare la triste condizione – ha concluso Mons. Piemontese – è l’aver escluso dalla nostra vista la prospettiva della risurrezione e della vita eterna, che scaturisce dalla fede in Gesù, crocifisso, morto e risorto. Siamo noi cristiani, che abbiamo affievolito la passione per la vita, non annunciando con decisione e con gioia la fede fondata in Gesù Risorto, che con la sua morte ha vinto la nostra morte. L’amore che anima le nostre esistenze è la ragione e la forza che dà senso alla nostra vita. Un amore che Gesù ci ha dimostrato donando la vita per l’umanità e per ciascuno di noi”.