Di Chiara Furiani
In una Orvieto totalmente avvolta da una nebbia lattiginosa, Umbria Jazz Winter ha chiuso i battenti anche di questa ventinovesima edizione.
Quale miglior modo di cominciare un nuovo anno, se non con dell’ottima musica: quello appena concluso non sarà stato infatti un festival di grandi nomi, ma non per questo è mancata la qualità.
A brillare maggiormente, più che la blasonata Diane Reeves con la sua rivisitazione del songbook di Burt Bacharach, sono stati i comprimari.
All’insegna di atmosfere rarefatte e minimaliste, il connubio (musicale e di vita) Rebecca Martin – Larry Grenadier ha stregato il pubblico con un repertorio misto tra brani originali della Martin – il suo è un songwriting pop molto raffinato affine al jazz e vicino a Joni Mitchell – standard jazz e composizioni per contrabbasso solo.
Gran parte del carattere è dato dalla statura di Grenadier, notissimo soprattutto come membro del trio di Brad Meldhau, ma l’insieme funziona davvero bene e lascia il segno.
Altro duo non solo musicale – e altrettanto efficace – quello di Romero Lubambo e Pamela Driggs. Il chitarrista brasiliano, a Orvieto come accompagnatore di Diane Reeves, nel suo concerto solo ha presentato la moglie, anche lei cantante, ottima interprete di bossa nova ma anche di repertorio jazz.
Incisivo pure il bluesman Jon Cleary, inglese di nascita ma trapiantato negli States, dove ha fatto suo il tipico sound di New Orleans. Pianista ma anche ottimo cantante, il nostro brilla per stile e misurata eleganza.
Infine a suggellare la ritrovata normalità post-covid, il Duomo, colmo fino all’inverosimile, è tornato ad ospitare il tradizionale concerto gospel di capodanno.
Non ci resta a questo punto che attendere i prossimi appuntamenti di Umbria Jazz, che in questo 2023 celebrerà i 50 anni dell’edizione estiva e i 30 di quella invernale con calendari sicuramente di alto livello.