L’impressione è che sia cominciata una sorta di colonizzazione della Lega di Terni e dell’Umbria da parte della Lega di Milàn. Come spiegarsi, sennò, il commissariamento del partito a Terni? E come spiegarsi i raid di alcuni esponenti di primo piano del partito del Carroccio? L’ultimo a illuminare il dibattito politico regionale è stato il sottosegretario al Ministero dell’Interno Stefano Candiani il quale ha accusato – in sostanza – gli umbri di essere stati “favoreggiatori” dell’arrivo delle mafie in Umbria. A Candiani hanno già risposto in diversi, primi fra tutti i vertici delle istituzioni regionali facendogli notare – tra l’altro – che è difficile sostenere che non esistano infiltrazioni mafiose dalle sue parti. Candiani è stato sindaco di Tradate in provincia di Varese, e la Provincia di Varese – secondo uno studio dell’Università di Milano in quanto a presenze mafiose, in Lombardia è terza dopo Milano e Monza-Brianza.
Valutato per quel che vale l’exploit di Candiani, va posta un po’ di attenzione sul “Caso Terni”, l’ex città rossa che adesso vanta il primato di essere la più grande ed importante tra le città governate dalla Lega. Anche queste sono soddisfazioni, certo, ma qualcuno che non sta a Terni evidentemente s’è reso conto che l’aratro non è del tutto adatto al tipo di campo. Lo vede quel che accade nell’amministrazione cittadina caratterizzata da liti e contrapposizioni interne, con assessori alla ricerca di un’immagine di efficientismo che è cosa diversa dall’efficienza; con le incertezze conseguenti circa le cose da fare, le decisioni da assumere; con consiglieri comunali di maggioranza che assistono ai dibattiti con l’aria di chi è arrivato in quel momento col paracadute e raramente in grado di fornire contributi.
Così sembra che si sia ritenuto necessario inviare alcuni tutor, ritenendo non sufficiente l’opera di tutoraggio già avviata con il “suggerimento”di un assessore al bilancio che si sperava latore di un tasso tecnico che nella giunta mancava.
Insomma gli esponenti di punta della Lega ternana, quelli che per anni si sono battuti in favore di Alberto da Giussano, che hanno visto crescere il consenso dallo 0,3 al 30 per cento, sono grandi pedalatori, ma una volta lasciata la bicicletta per salire su una Ferrari si è visto che non avevano la patente ma solo il ”foglio rosa”. E col foglio rosa, si sa, si può guidare solo con un patentato a fianco. Adesso, invece – per restare all’allegoria – c’è da spingere sull’acceleratore per raggiungere un traguardo che pare a portata di mano e che sarebbe da ingenui lasciarsi scappare: la conquista dell’ex Regione rossa Umbra. Non è roba da foglio rosa, e all’autista si chiede di scendere. Ci vuole un pilota almeno all’apparenza più esperto e veloce.
E’ il caso di Emanuele Fiorini, “mister preferenze” alle comunali ternane di un anno fa? Il sospetto c’è. Un “quadro” del suo calibro per quale altro motivo dovrebbe prendere la decisione clamorosa annunciata l’altro giorno da lui? Si è dimesso dalla Lega, non dagli incarichi elettivi assegnatigli dai cittadini. Non come il suo collega consigliere a Città di Castello che invece ha scelto di andare a casa e basta.
Intanto a Terni, in consiglio comunale, il Pd e Senso Civico si fanno sentire. Non si può dire l’opposizione, perché mancano segnali da Ternimmagina e, soprattutto, dai pentastellati.
E mentre Alessandro Gentiletti (Senso civico) accusa la Lega di aver tradito i propri elettori mostrandosi come un partito “Già ebbro del potere ricevuto in poco tempo e divenuto prigioniero di una guerra fra bande interessate soltanto, maldestramente, alla spartizione di pochi rimasugli di potere”, il capogrupo del Pd, Francesco Filipponi, annuncia una mozione con cui si chiederà al sindaco che “venga a riferire in aula sulla grave situazione politica che si è venuta a creare”. Ma si fa per dire. Lo sa anche Filipponi quando esorta Latini a “dare spiegazioni alla città sul fatto che la sua attività amministrativa è bloccata” e a “non continuare a rifugiarsi nei suoi silenzi”.