Roberto Carelli, Presidente del Comitato civico pro Teatro Verdi e dell’associazione culturale Fare per te-Fare per Terni, risponde a Danilo Pirro sulla passerella Telfer.
E se l’architetto è favorevole alla sua demolizione, al contrario Carelli è per la sua conservazione, anzi per la sua valorizzazione.
QUESTO L’INTERVENTO DI ROBERTO CARELLI
Lunedì 20 agosto, su questa stessa testata, l’Architetto Danilo Pirro prendeva posizione in modo chiaro sulla Telfer di Papigno invocando il suo abbattimento in quanto “il paesaggio deve avere la priorità sulle opere dell’uomo” e poi perché “il sito industriale di Papigno, non ha segnato i libri di storia dell’architettura”; il Dottor Pirro continua sostenendo che “la difesa delle testimonianze della civiltà industriale di Terni devono conciliarsi con l’esigenza di ridare al territorio di Terni una sostenibilità ambientale in linea con gli standard europei e quindi l’idea di “tutelare ad ogni costo ruderi di fabbriche, sembra a volte una scelta dettata più dall’ideologia che da un’analisi realistica del valore storico e artistico di queste testimonianze dell’operosità umana”; in un altro passaggio, infine, sostiene che “Il centro industriale di Papigno appare come una serie di anonimi capannoni industriali a struttura in cemento armato, in un paesaggio di rara bellezza, anteprima del monumento naturale della Cascata delle Marmore”
Costituisce ormai patrimonio della conoscenza di tutti il fatto che la Valle del Nera e la Cascata delle Marmore in particolare, facessero parte delle tappe fondamentali che gli eruditi e le persone colte di fine ottocento erano soliti includere, per completare la propria formazione culturale, nel “Grand Tour”. Questa consuetudine ha contribuito ad infondere fama internazionale sia alla Valle del Nera che alla Cascata delle Marmore, che i pittori en plein air dell’epoca hanno contribuito a rendere immortali.
Bene partiamo da queste considerazioni: se l’obiettivo è privilegiare il paesaggio sulle opere dell’uomo (intese come trasformazioni legate alla antropizzazione della Valle del Nera) con particolare riferimento al periodo storico del Gran Tour, allora dobbiamo eliminare tutto quello che è stato realizzato dalla foce del Nera vicino ad Orte passando per l’area industriale di Nera Montoro, la città di Terni, Papigno e via via fino alle sorgenti del Nera nelle marche. Opera ciclopica, oltrechè insensata, ma della quale il Dottor Pirro indica la Telfer come priorità, anzi come unico “neo”, cancellando con un colpo di spugna l’unica cosa (e qui a noi l’atteggiamento del Pirro appare profondamente ideologico) che a suoi occhi debba essere fatta oggetto di questo suo “furor”.
Ma allora, se il problema sono le alterazioni che la mano dell’uomo ha inferto alla Valle del Nera perché non pensare di ricreare la barriera di travertino che a suo tempo l’improvvido Manio (Manlio) Curio Dentato (tra una guerra di conquista e un’opera idraulica e l’altra) rimosse dando vita al “Monumento Naturale” (!!!) citato dal nostro intellettuale? (ovvero la Cascata delle Marmore).
Questa naturalmente è una provocazione (neanche tanto) e a ben guardare chi parla di atteggiamento ideologico da superare dovrebbe, come sempre, fare prima di tutto un profondo esame di coscienza.
Se, infatti, il Dottor Pirro è evidentemente troppo giovane o troppo smemorato per ricordare che quelli che lui chiama “una serie di anonimi capannoni industriali a struttura in cemento armato”, hanno ospitato l’ultimo premio Oscar della cinematografia italiana (Roberto Benigni – “La Vita è Bella” – 1997) ricreando in questo sito ex industriale alcune delle scenografie più significative del film citato, chi scrive ben ricorda lo ”Zeitgeist”, lo Spirito del Tempo, la vitalità, l’energia, l’entusiasmo, il lavoro che animò quel periodo. Tali avvenimenti bastano da soli a consacrare questi luoghi come tra i più significativi della seconda metà del ventesimo secolo e abbiamo il dovere (noi e le generazioni che seguiranno) di conservarne memoria e luoghi. Magari cercando di migliorarli, renderli maggiormente fruibili e trarne valore. Per come la vedo io, essi costituiscono un importante asset della Città di Terni e su di essi bisogna investire.
Concludo questa mia digressione, che vuole costituire un semplice contributo alla discussione sulla Telfer di Papigno in qualità di membro della cosiddetta Società Civile cui mi onoro di appartenere, schierandomi apertamente dalla parte di coloro i quali la Telfer la vorrebbero mantenere e valorizzare, magari inserendola in un progetto di più ampio respiro condotto, utilizzando le parole usate dai rappresentanti del Centro Studi Malfatti, da manager veri, visionari, capaci, esperti.