Di Chiara Furiani
È stata appena archiviata la diciassettesima edizione di Le Guess Who e già se ne sente la mancanza.
Non a caso i biglietti per l’edizione 2025, che avrà luogo esattamente tra un anno, si sono volatilizzati in pochi istanti, non appena messi in vendita.
Verrà aperto uno slot di acquisto ulteriore in primavera e ci sarà comunque sempre la possibilità di trovare un biglietto presso siti ufficiali di rivendita, ad es Ticketswap.
Tanta attenzione attorno a questo evento è più che giustificata.
Anche quest’anno la qualità degli artisti è stata eccelsa e la fruizione è stata decisamente favorita da un’acustica delle sale pazzesca e da un lavoro dei tecnici del suono decisamente inimmaginabili per gli standard spesso inaccettabili che ci propinano in Italia, ove il grosso dei concerti rock ad es si svolgono in luoghi assolutamente inadatti per la musica.
Difficile sintetizzare in poche righe un festival stellare, che tra giovedì e domenica ha permesso di ascoltare almeno una ventina di interessantissimi artisti diversi ogni giorno, e altrettanti se ne sarebbero potuti ascoltare, godendo del dono dell’ubiquità.
Impossibile citare tutti quindi, ma è inevitabile menzionare i due assi nella manica che LGW ha squadernato nell’ultima giornata.
Meshell Ndegeocello, bassista e cantante sulla breccia già da una ventina d’anni, ha letteralmente ipnotizzato la platea col suo personalissimo linguaggio, che senza dubbio ha le sue radici nel funk, nel soul, ma che col tempo si è notevolmente evoluto, toccando spesso e volentieri i territori del jazz e e della musica contemporanea.
Religioso silenzio anche per Arooj Aftab, la cantautrice pakistana, naturalizzata americana, che è fresca di nomination ai Grammies.
Ormai un nome, insomma.
Come per tanti degli artisti presenti a questa splendida edizione 2024, il suo è un linguaggio meticcio, straordinariamente affascinante proprio perché pesca dall’una e dall’altra tradizione, dal Medio Oriente e dalle musiche occidentali, così come dal jazz – che già di per sé è un suono meticcio.
Il resto lo fa la lingua, con brani in inglese ma anche in urdu.
Tantissime poi le “nuove proposte”: band e solisti a noi sconosciuti, il più delle volte solo perché provenienti da Africa e Asia, per lo più ignorati dal mainstream, ma tutti davvero interessanti.
Anche rock e musica elettronica hanno avuto uno spazio importante, ma sempre con un’attenzione a proposte di ricerca.
Un nome su tutti, The Body & Dis Fig, portentoso blend di musica elettronica e metal, con la performance pazzesca della cantante Felicia Chen.
Ci si porta a casa anche stavolta un bel bagaglio di gran bella musica, con la consapevolezza che, almeno sul versante artistico, il mondo procede ancora in gran parte sulla strada giusta, quella del confronto e della contaminazione.