“La bellezza governerà il mondo”.
Impossibile non citare la celebre frase del principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij per definire la simbiosi della bellezza artistica con quella ambientale, la quale assume valori sofianici e iconografici capaci di incanalare la questione su binari ben tracciati.
Proprio su questo schema concettuale si fonda la linea guida dei canoni artistici di Chiara Sciacca, giovane ragazza ternana, che da una grande passione (quella del disegno e della pittura) prova a comunicare l’importanza dei criteri estetici collegati a quelli ecosostenibili.
Un monito che potrebbe unire tutti coloro che sognano di rendere la bellezza un messaggio virale: raccontare la bellezza come motore rigenerativo.
Chiara, tramite la pittura cerca di trasmettere il concetto di bellezza come strumento comunicativo.
L’arte è il costante mutamento del linguaggio, perché l’uomo attraverso l’arte va alla ricerca di se stesso e dell’interpretazione del mondo che ha attorno.
Pertanto, la bellezza salverà il mondo?
Lecito chiederselo.
Non sarà la bellezza a salvare il mondo, ma l’uomo.
La bellezza, infatti, non è a se stante, ma è uno dei sentimenti dell’uomo.
E l’uomo si muove seguendo il suo libero arbitrio.
Ecco perché il mondo lo può salvare solo l’uomo, muovendosi e comportandosi in un certo modo anziché in un altro.
Tuttavia, in questo periodo storico assistiamo all’esatto contrario: è l’uomo che annienta qualsiasi speranza di salvezza della natura.
Chiara tra le sue rappresentazioni personali riesce, in maniera egregia, a riprodurre prevalentemente con colori acrilici o ad olio, famosi quadri di artisti come Van Gogh (nell’immagine: “Notte Stellata”) dimostrando che l’arte non ha solo un’anima estrosa, creativa e meravigliosa ma anche un cuore ecosostenibile ed ecologico.
Si eleva, di fatto, il concetto di “green”, perché in fondo creatività fa rima con sostenibilità.
Questa sensibilità artistica le permette di superare un desiderio ancestrale dell’uomo cioè quello di dominare il territorio e di plasmarlo perennemente.
L’oggetto compiuto non è il punto d’arrivo ma un ulteriore passaggio per rendere l’uomo consapevole della sua limitatezza rispetto alla natura.