Lo studio è impietoso: Terni perderà quasi la metà del proprio fatturato. Lo dichiara l’Anci con uno studio, che monitora l’andamento di oltre 1.600 settori produttivi e circa 730.000 imprese. I numeri sono del Cerved, che analizza per Anci, appunto, i settori più colpiti dalla pandemia, tracciando anche delle differenze sostanziali tra i vari comuni, visto che non sono stati condizionati dalla pandemia allo stesso modo. Va molto meglio a Perugia che riesce a portare a casa un risultato non entusiasmante, si parla sempre di perdita di fatturato, della metà rispetto a Terni. Perchè? Perchè ha meno dipendenza del settore delle auto e nel tessuto economico vi sono molti comparti anticiclici. Non è da disprezzare nemmeno il fatto di possedere una struttura commerciale più moderna. Insomma, il divario si amplia ancora di più. Dicono i ricercatori: “Se invece analizziamo la situazione a livello locale, vediamo che le città affrontano la prova della crisi innescata dal Covid con risultati molto diversi. Ci sono quelle aree caratterizzate dalla forte presenza di aziende il cui business è stato più penalizzato dall’emergenza sanitaria, come l’industria dell’auto. E altre invece più fortunate, perché la loro economia si regge su settori meno condizionati dall’onda d’urto del coronavirus. “Le città medie con maggiore presenza di imprese fortemente colpite dalla pandemia sono Potenza (56,5% del fatturato), Chieti (56%) e Campobasso (54,7%), dove pesa l’automotive, ma anche Biella (55,7%), Prato (53%), Massa Carrara (52,9%), Frosinone (48,5%), Brescia (48%), Modena (47,4%) e Terni (46,3%). Sul versante opposto, tra le città che evidenziano le quote più alte nei settori anticiclici troviamo Latina (37,8%), grazie al farmaceutico e all’agroalimentare, Imperia (30,3%), forte dell’industria olearia e della distribuzione alimentare moderna, Enna (26,8%), Nuoro (26,1%), Parma (23,5%), Benevento (22,9%), Brindisi (22,8%), Matera (21,3%), Perugia (21%) e Trapani (20.9%)”, spiegano gli autori dello studio.