Banca Intesa San Paolo continua a chiudere filiali in Umbria. Nel primo semestre di quest’anno ne ha già chiuse 6. Dal 1° luglio alla fine dell’anno ne chiuderà altre 15, per un totale di 21 filiali cancellate in soli 12 mesi.
Ne ha dato notizia alle organizzazioni sindacali lo stesso Istituto di Credito.
Terni, Perugia, Città di Castello e Foligno, i comuni più colpiti. A Foligno la chiusura riguarderà il 50% delle filiali, a Città di Castello ne chiuderanno 5 su 9.
“Quello che sconcerta – sostengono Fabi, FirstCisl, FisacCgil , Uil.caUil e Unisin – sono le presunte logiche, sottostanti tali scelte, che non tengono in alcun conto le distanze intercorrenti tra sportelli, né le difficolta logistiche e di viabilità che la morfologia regionale comporta a clienti e dipendenti, che dovranno raggiungere le filiali ancora aperte.
Alle gravissime difficoltà dei clienti si aggiungono le inevitabili ripercussioni sui dipendenti, che vedono stravolti percorsi professionali e opportunità lavorative.
Invitiamo con urgenza le istituzioni regionali, le associazioni dei consumatori e di categoria, le forze politiche e i sindaci, non solo dei comuni coinvolti, a esprimere dissenso e forte opposizione verso scelte decise in sedi molto lontane rispetto al nostro territorio e che spregiano le sue esigenze e le sue peculiarità.
Tali decisioni stanno penalizzando non solo la clientela, costretta nella maggior parte dei casi verso sedi più distanti e con inevitabili problematiche di carattere logistico/operativo ma peggiorano lo stesso tessuto sociale/e di relazione dei comuni/territori colpiti da questa manovra di desertificazione.
È quasi purtroppo superfluo evidenziare come saranno le categorie più deboli e le persone più anziane, a scontare maggiormente il peso di tali scelte, con l’aggravante delle ulteriori difficoltà create dal periodo pandemico tuttora in corso e sempre molto pericoloso.
Crediamo che la politica – concludono le organizzazioni sindacali – debba far sentire forte la sua voce a tutela della cittadinanza e del territorio umbro, spesso emarginato da scelte che nulla hanno a che vedere, con la tanto sbandierata responsabilità sociale, di cui si riempie la bocca, la banca che si definisce Banca del Paese.”