“Capisco i cittadini perplessi per la scarcerazione di Giovanni Brusca ma io ho fatto l’investigatore quando non c’era la norma sui collaboratori e quando è stata introdotta, voluta da Giovanni Falcone e i successi collegati a questa norma, che ha permesso di svuotare cosa nostra dall’interno, sono sotto gli occhi di tutti”.
A dirlo è Luigi Savina, che da capo della squadra mobile di Palermo catturò il boss, il 20 maggio 1996.
“La sua cattura e la sua collaborazione sono state fondamentali come altre perché hanno eliminato e reso inoffensiva la cosiddetta ala stragista” ha detto parlando con l’ANSA , Savina, che è stato anche questore a Terni, dal 2004 al 2006.
Per Savina “iconica è stata la cattura di Brusca ma ancora più la sua collaborazione”. “Che nasce – ha ricordato – qualche giorno dopo la cattura”.
L’ex capo della mobile palermitana ha ricordato quindi i momenti dell’arresto di Brusca. “Il telefono cellulare intercettato – ha detto – ce lo faceva localizzare in una certa zona ma con le schede sim Gsm era impossibile fare la localizzazione.
Individuata l’ipotetica casa, un ragazzo della mobile propose di bucare la marmitta di una moto in maniera che facesse un rumore particolare. Quando c’era una telefonata di Brusca in corso, il motociclista è passato e ha dato due accelerate e il rumore si è sovrapposto. Era la certezza che era lì e quindi lo abbiamo catturato”.