Alla presenza del sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo e del prefetto vicario, Andrea Gambassi, il vescovo, Mons. Giuseppe Piemontese ha celebrato in duomo, il “Te Deum”.
L’omelia di Mons.Piemontese
“La celebrazione del “Te Deum” di fine anno è l’occasione per dire il nostro personale e comunitario grazie a Dio per l’anno appena trascorso e per i successi religiosi, civili e sociali conseguiti. E’ questa una serata di ringraziamento, che comincia con la celebrazione l’eucarestia il ringraziamento più alto che l’uomo possa rivolgere a Dio, e che si concluderà con il canto del Te Deum. E’ anche una serata di riflessione, per un anno, carico di preoccupazioni e di sofferenze, ma anche arricchito da gioie, speranze e benedizioni del Signore. E tutto ciò nell’ambito civile, sociale ed ecclesiale.
Questo anno per la nostra città è iniziato, purtroppo, con l’uccisione di David Raggi, che ha segnato l’esperienza di tutta città, a cui ha fatto comprendere il valore della vita e la responsabilità dei nostri gesti. Un anno per cui siamo preoccupati per le violenze perpetrate dal’Isis in varie parti del mondo e minacciate fino alle porte di casa nostra. E poi l’esodo biblico di immigrati e profughi, che non può lasciarci indifferenti, uomini e donne che affrontano i rischi di traversate con sofferenze e pericoli fino alla morte per naufragio di migliaia di profughi. Quella che pensavamo retaggio del passato è diventata una “tragedia titanica”, come l’ha definita il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. E’ messa alla prova la nostra umanità e la capacità di accoglienza, come singoli e come comunità.
Nonostante questi ed altri problemi, vogliamo esprimere ringraziamento per questo tempo particolare, per questo tempo di grazia. Ognuno può riconoscere i tanti motivi di consolazione e di ringraziamento: l’aspettativa e il sogno di una ripresa dell’economia, che pure stiamo intravedendo, e le piccole e grandi speranze nella nostra città e coltivate anche nel cuore di ognuno di noi. Un evento di speranza è stato il Sinodo dei vescovi sul matrimonio e la famiglia, i viaggi del papa in America e in Africa e soprattutto l’evento per la chiesa intera e per la nostra diocesi, costituito dall’Anno santo della misericordia che è stato inaugurato da papa Francesco nel 50° anniversario del Concilio Vaticano II, e qui in Cattedrale con una grande partecipazione di popolo il 13 dicembre. Alla luce dell’anno santo della misericordia siamo invitati a leggere la nostra storia e la cronaca, in questo spirare dell’anno 2015. I desideri, i sogni e le speranze per noi cristiani, alla luce della liturgia di questa festa, hanno nomi e volti precisi: Gesù bambino, Maria, Giuseppe e i pastori. Sì proprio i pastori.
La buona notizia di Gesù è riservata innanzitutto ai pastori, perché? I pastori, al tempo di Gesù, non hanno nulla della poesia con cui noi li guardiamo. Tra gli israeliti erano circondati da disprezzo, erano pubblicani, persone impure, pagati poco per il loro lavoro, vivevano di furti, a volte omicidi, non potevano entrare nel tempio, erano falsi, ladri e disonesti. Erano considerati gli ultimi della terra. Ebbene, per loro, gli ultimi, gente impura, era nato il Salvatore.
Ed essi dicono “Vediamo, la parola che il Signore ci ha fatto conoscere”. Viene rivelato a loro il Volto nuovo, sorprendente di Dio che era considerato allora come aspro, pronto al castigo, alla ritorsione, che amava solo chi faceva il bene mentre gli altri erano disprezzati e allontanati. Nel Natale, in questo annuncio del Vangelo di Luca, viene capovolta l’immagine del volto di Dio. I pastori si chiedono come mai Dio vuole bene proprio a loro? Andiamo a vedere. In questa espressione viene delineato un cammino di fede e di riscoperta di Dio. Si incamminano verso il vero Dio, che è vero amore, una novità sorprendente, che corrisponde ai desideri più profondi che abbiamo nel nostro cuore. Dio è amore, ci vuole bene. Anche noi oggi possiamo fare il cammino dei pastori per verificare questa parola, che ci è stata annunciata in questo anno. I pastori sono invitati a riconoscere il volto misericordioso e paterno di Dio: “troverete un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia”.
Lo troviamo in una mangiatoia, per tre volte viene ripetuta nel vangelo di Luca questa espressione, perché il volto di Dio si presenta come alimento di vita. Mi sono fatto pane, anche tu assimilami e fatti pane come me: questo il senso del figlio di Dio che assume le sembianze di un bambino nella mangiatoia. In questo vangelo incontriamo che è vero ciò che ci è stato annunciato: Dio è amore e il primo annuncio è per quelli che hanno sbagliato nella vita. Quando arrivano i pastori trovano un personaggio non annunciato: Giuseppe, silenzioso, il custode della Parola.
Giuseppe si trova, anche lui, di fronte alla novità di un Dio bambino, non forte e potente, ma un Dio debole. E’ sorpreso, è in silenzio. Prima dei pastori, ha iniziato ad entrare nella nuova rivelazione del volto di Dio e del suo amore. Nessun miracolo, nessun fatto strepitoso, tutto feriale ma è meraviglioso, uno di noi. In quel bambino trovano l’amore incondizionato di Dio. Si fa bambino per abbracciarci e lasciarsi abbracciare da noi. I pastori non si sono prostrati davanti al bambino come faranno i magi. I pastori si fermano a godere di questa immagine di Dio che ci dice: “qualunque cosa tu faccia ricordati che ti amo”. Solo dopo che ci siamo sentiti amati accoglieremo le proposte nuove di vita e cercheremo di cambiare. Tutti quelli che udivano si stupivano, erano sconcertati da questo messaggio nuovo su Dio, compresi Maria e Giuseppe: anche essi hanno compreso la sorpresa di Dio. Anche essi rimangono stupiti dall’annuncio dei pastori, l’immagine di Dio diversa da quella presentata dalle guide spirituali del tempo, crolla l’immagine del Dio giustiziare. Anche loro fanno un cammino come lo devono fare tutti gli altri che si aprono a questa luce. Pensate a Gesù dodicenne nel tempio, quando anche Maria e Giuseppe rimasero stupiti e non compresero le sue parole. Perché arrivare ad una conoscenza di Dio in questo senso non è semplice: ma hanno accolto progressivamente anche essi la rivelazione di Dio, come noi che stiamo concludendo un anno di grazia nel quale abbiamo fatto un cammino e siamo stati portati a comprendere ulteriormente la manifestazione della rivelazione di Dio.
Maria conservava tutte queste parole e le meditava nel suo cuore. Tratteneva tutte queste parole e le metteva insieme nel suo cuore. Questa ragazza 14 enne raccoglie e mette insieme tutte queste rivelazioni: che Dio è diventato uno di noi e suo figlio, Dio nostro familiare quotidiano. Maria fa un cammino di fede simile al nostro per arrivare a conoscere la bellezza, la grandezza, la vicinanza di Dio che è divenuto suo figlio e nostro fratello. I pastori se ne tornano dopo aver accolto la novità di Dio tornano glorificando Dio, come gli angeli che tornano in cielo cantando gloria. Anche i pastori si rendono conto che sono diventati angeli che lodano Dio.
E infine il racconto della circoncisione di Gesù e l’imposizione del nome, indicato dall’Angelo. Ci viene detto il nome di colui che si propone come nostro fratello, amico, padre, innamorato. Nella scrittura il nome designa l’identità della persona, anche per Gesù è il nome venuto da Dio, il suo nome sarà Iosuà, colui che salva. Non che castiga, che punisce. No anche se vai fuori strada, io devo riportarti sulla strada. Il nome di Gesù viene ripetuto 566 volte nei vangeli, lo ripetono i demoni, i lebbrosi, lo ripete il ladrone in punto di morte. Tutte le immagini di Dio che sono incompatibili con questo nome devono essere cancellate.
Ecco nell’anno della misericordia siamo chiamati a fare questo cammino, a riconoscere Gesù come il Dio che salva. In questa ultima sera, proprio nell’anno giubilare accogliamo questa lieta notizia di speranza, per tutti noi, per la nostra città, per le nostre famiglie, ma anche per il mondo intero; ringraziamo e invochiamo e che il Signore voglia esaudire i nostri desideri e donarci grazia, benessere e speranza”.