Non solo perdita di posti di lavoro ma anche scarsa qualità dell’occupazione. È un quadro abbastanza desolante quello che emerge dai dati elaborati dalla Cgil sulla situazione economica e occupazionale della provincia di Terni. Tra il 2015 ed il 2017 sono 3.000 i posti di lavoro persi, le persone in cerca di lavoro tra il 2005 ed il 2017 sono aumentate da 4.000 a 11.000 ed i redditi sono medio-bassi, a testimonianza di un indebolimento economico del territorio.
“Il quadro è molto diverso da quello descritto recentemente dal presidente di Confindustria Umbria, spiega il segretario provinciale della Cgil di Terni Attilio Romanelli, che ha parlato di chimica, siderurgia e tessile come settori che non hanno sentito la crisi. Qui a Terni la situazione, ha aggiunto, è ben diversa, come dimostra il riconoscimento di area di crisi complessa”.
E ci sono vari dati che la Camera del lavoro giudica preoccuparti. Innanzitutto le assunzioni a tempo indeterminato che sono sempre più marginali, nel 2017 sono state 1.000 su 14.000. Poi il calo delle imprese, passate da oltre 19.000 nel 2016 alle 18.227 del 2017, la diminuzione della spesa familiare in formazione ed attività culturali, il bassissimo livello di investimenti privati nel sistema industriale ma anche il calo dei matrimoni che secondo la Cgil è dettato da condizioni economiche difficili.
“Vediamo una regione ed una provincia che regrediscono in maniera preoccupante – afferma Romanelli – e nelle tante vertenze aperte stiamo giocando un ruolo difensivo cercando di ridurre i danni. È tempo, però, di andare al contrattacco. Per questo proponiamo l’organizzazione di una grande conferenza cittadina sull’economia del territorio per scattare una fotografia reale della situazione, ragionare di investimenti e progetti, per poi costruire insieme risposte in grado di risollevare la nostra comunità”.