Gli occhi arrossati dalle lacrime di una ragazza che mi stava vicino, avrà avuto 15/16 anni, con un fazzoletto in mano per asciugarle dal viso, spiegano bene il sentimento che ha pervaso le centinaia di persone che hanno gremito la chiesa di San Bartolomeo, di Casteltodino, e tutte quelle che non vi hanno trovato posto e hanno aspettato fuori la fine della funzione religiosa per dare l’ultimo saluto a Lorenzo Marcelli. Sentimenti di dolore vero, di smarrimento, di angoscia. Quello che è successo domenica si vorrebbe fosse un incubo, un brutto incubo dal quale ci si risveglia.
Tantissimi ragazzi, i suoi amici, che lo piangono insieme ai genitori Orazio e Nicoletta e la sorella Camilla e i nonni, disperati, per una tragedia improvvisa che ha sconvolto le loro vite. Lorenzo gran lavoratore, il figlio che qualsiasi genitore vorrebbe avere, sveglio, affettuoso. E che ora si è costretti ad accompagnare nell’ultimo doloroso viaggio, verso il piccolo cimitero. Appena fuori il paese. E per arrivarci è necessario passare in quel luogo maledetto dove domenica Lorenzo è andato incontro al suo destino crudele. Ci sono ancora i segni sull’asfalto. Una lunga processione, tutto il paese si è unito al dolore immenso dei famigliari.
“Ci ritroviamo in questa nostra chiesa parrocchiale – ha detto don Marku Leke – a salutare per l’ultima volta Lorenzo che fino a domenica sorrideva in mezzo a noi carico di sogni e di speranze. Oggi non avrei voluto essere qui, avrei voluto essere altrove e , penso, anche voi.
Il ricordo di Lorenzo – ha aggiunto don Leke – va indietro a quando abbiamo messo la prima pietra di questa nostra chiesa. Ricordo che non si riusciva a sistemarla e tu Orazio (il papà di Lorenzo), lì a cercare di metterla bene . Sinceramente – dice don Leke, facendo passare un brivido sulla schiena di tutti – avrai pensato che in questa chiesa Lorenzo si sarebbe sposato e tu saresti diventato suocero, poi sarebbero nati i figli e tu saresti diventato nonno.” Troppo crudele, un brusìo avvolge la chiesa.
“”Niente di tutto questo, invece, ci ritroviamo in questa chiesa accanto alla bara di Lorenzo morto. E per questa morte penosa non possono bastare le parole umane. Verrebbe da dire, se non fosse un’offesa alla vostra sofferenza – muore giovane colui che al cielo è caro. Ma sono sempre parole, umane e impotenti, difronte a un fatto così grave.”
“Lorenzo che ha conosciuto la notte prima della sera – conclude don Leke. Mi rivolgo a voi giovani, amici di Lorenzo, trasformate la vostra vita in un impegno costante di lavoro, di obbedienza, di sacrificio.”
Il rito funebre è terminato. Nuvole e sole attendono Lorenzo per l’ultimo, breve viaggio.
Tantissimi circondano la macchina, che custodisce il feretro, don Leke si mette si mette in testa al lungo, silenzioso corteo che scende verso la strada, verso il cimitero. Qualcuno libera in volo anche dei palloncini bianchi e celesti.
Ciao, Lorenzo. Non doveva andare così.