Con la celebrazione nel Duomo di Terni presieduta dal vescovo, Mons. Giuseppe Piemontese, si è concluso il pellegrinaggio della statua della Madonna di Fatima a Terni in occasione delle celebrazioni in onore del venerabile Giunio Tinarelli per il 61esimo anniversario della morte e nel centenario delle apparizioni della Madonna ai tre pastorelli in Portogallo.
Tre giorni solenni con Maria che hanno raccolto tanti fedeli in Cattedrale, che hanno voluto manifestare il loro amore e la loro devozione ma anche per raccogliere conforto e consolazione dalla Madonna, come avvenuto in occasione della visita in carcere, al monastero delle carmelitane scalze di Macchia di Bussone, al centro geriatrico di Collerolletta e nell’ospedale Santa Maria di Terni, nei vari incontri che si sono succeduti in questi giorni.
Numerosi i volontari presenti alla celebrazione in rappresentanza di varie associazioni di Terni e Perugia dell’Unitalsi, del Centro Volontari della sofferenza e dei Silenziosi operai della Croce, insieme ai cavalieri e dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ai sacerdoti del capitolo della Cattedrale di Terni, al sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, e alle altre autorità civili e militari.
“Maria che un secolo fa è apparsa a tre pastorelli a Fatima – ha detto il vescovo nell’omelia – ha affidato loro il messaggio di richiamare l’umanità alla conversione, ad incontrare il Signore a fare penitenze e ritornare al Vangelo, attraverso la preghiera del Rosario, della consacrazione di se stessi al cuore immacolato di Maria ed anche attraverso una vita fatta di preghiera, di penitenza, di carità e di amore. Maria ci chiama a convertirci, a vivere il nostro percorso di fede nella esperienza quotidiana, facendo la volontà di Dio che è il fulcro della vita cristiana e che è stata la via maestra del venerabile Giunio Tinarelli”.
Ricordando la figura e la testimonianza di Tinarelli, giovane operaio ternano, cristiano laico nella quotidianità dell’esistenza, maestro e modello di fede e speranza nella sofferenza ne ha sottolineato il difficile cammino di vita: “cittadino, lavoratore e operaio ha dovuto attraversare un cammino di fede, si è posto nella scia della volontà di Dio, vivendo con intensità la sua missione di operaio delle acciaierie, la fatica di ogni giorno nello spirito di accettazione della volontà di Dio – ha aggiunto il vescovo. E poi la sofferenza che, come per chiunque, capita inaspettata e pesante, che non riusciamo a comprenderne il senso, a sopportarla, ci ribelliamo con tutte le nostre forze, ma questo fa parte della nostra umanità.
La testimonianza di Giunio Tinarelli nel fare la volontà di Dio, nell’accettare e trasfigurare la sua sofferenza sull’esempio di Gesù, in compagnia di Maria può aiutarci a dare speranza e vigore alle nostre sofferenze nella nostra vita. Oggi è estremamente difficile confortare chi vive la sofferenza soprattutto se non è animato dalla fede; quando arriva una sofferenza grave si diventa scartati, emarginati: questa è un po’ la mentalità generale. Le nostre associazioni cattoliche che si occupano dei malati, i cristiani, sono chiamati a insegnare in che modo rispettare, amare, valorizzare, trasformare la sofferenza in dignità, in atto di amore verso il Signore, verso le persone che soffrono e verso noi stessi e le comunità cristiane. Questa è la grande lezione di Giunio Tinarelli, il suo letto è diventato cattedra dalla quale far trasparire il messaggio del Signore, di speranza per tutti coloro che soffrono sulla terra. Lo ha fatto attraverso la sua adesione ai vari movimenti, perché in questo, in compagnia di Gesù e in comunione con tanti altri sofferenti, traeva insegnamento e la forza per prendere vigore e andare avanti.
Una testimonianza vicina a noi, così familiare che ci appartiene – ha concluso Mons. Piemontese – non perché vogliamo esaltare la sofferenza ma imparare ad accettarla con dignità e a trasformarla in atto di amore per gli altri. E’ un duro cammino da fare insieme che prende forza dall’Eucarestia per accogliere il messaggio di vita e trasmetterla a coloro che ci sono accanto e che attendono da noi una parola di speranza”.