Si è tenuta questa mattina una riunione all’AST di Terni tra la proprietà Arvedi e le organizzazioni sindacali territoriali in cui ci è stata comunicata la necessità di una settimana di cassa integrazione in area fusione. Dal 24 al 30 settembre, riguarderà circa 200 lavoratori.
La cassa, a detta dell’azienda, si rende necessaria per abbassare i costi di produzione troppo alti a causa del costo dell’energia che rispetto ad altri paesi europei in Italia resta molto alto.
“Proprio l’energia – ricorda il Segretario nazionale Fim-Cisl, Valerio D’Alò – rappresenta il nodo per la firma dell’accordo di programma, accordo che è propedeutico alla realizzazione degli 800 milioni di euro d’investimento previsti per realizzare il piano industriale di AST. Di questi, 200 milioni di investimento sono stati già realizzati, ora serve la programmazione per realizzare gli interventi previsti per altri 600 milioni che hanno come obiettivo l’aumento dell’attuale produzione e interventi di carattere ambientale.
Tutte cose – sottolinea il segretario D’Alò – determinanti per proiettare AST in maniera più forte nel panorama degli acciai speciali. Per farlo, però, serve un giusto prezzo dell’energia. Oggi le aziende italiane pagano 4 volte di più al MWH rispetto alla Francia, e 3 volte di più rispetto alla Germania e Finlandia. Un costo che determina uno squilibrio competitivo per le aziende del nostro Paese e ancora di più, per aziende energivore come quelle siderurgiche.
Quello che non possiamo permetterci però in questo momento, è che si scarichino sui lavoratori, come nel caso di AST con la cassa integrazione, il peso di scelte politiche industriali che ancora non trovano soluzione. Serve per questo, ripartire subito con il dialogo a livello ministeriale , sia con le parti datoriali, che con le organizzazioni sindacali per affrontare tutti i nodi ancora non sciolti, a partire da quello determinante della riduzione dei costi energetici”.
L’azienda fa notare che ” lo stabilimento di Terni dal primo gennaio al 31 luglio ha dovuto versare mediamente 97 euro per megawattora contro i 21 in Francia, i 32 in Germania, i 35 in Finlandia e i 62 in Spagna pagati dai produttori di acciaio inox concorrenti”.