“La lunga battaglia del professore ternano Franco Coppoli sulla laicità degli ambienti scolastici , patrocinata dall’UAAR (Unione atei e agnostici razionalisti) , dai COBAS Scuola e dagli avvocati Fabio Corvaja e Simonetta Crisci è arrivata ad una importante sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione che hanno annullato la sanzione disciplinare e la sentenza della Corte di Appello di Perugia con rinvio ad altra corte, per illegittimità dell’ordine di servizio del dirigente scolastico. La Corte ha stabilito l’ l’importante principio che l’ostensione obbligatoria o autoritativa nella scuola pubblica del crocifisso è incompatibile con l’ indispensabile distinzione degli ordini dello Stato dalle confessioni religiose.” Tendono a mettere in risalto UAAR e Cobas scuola.
Il professor Coppoli era stato sospeso nel 2009, per un mese, dallo stipendio e dall’insegnamento, per aver rimosso il crocifisso dall’aula dove insegnava durante la sua ora di lezione, per garantire la laicità e inclusività degli ambienti educativi.
Dopo un lungo iter giudiziario questa sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione è importante perché definisce che l’affissione del crocifisso da parte di dirigenti scolastici e della Pubblica Amministrazione è incompatibile con il principio di laicità dello Stato.
Nella sentenza è affermato che l’autorità pubblica non può promuovere con effetti vincolanti — e dunque con implicazione sanzionatoria per chi entri in contrasto con quella prescrizione — un simbolo religioso, neanche con la semplice e passiva esposizione silenziosa su una parete.
Nella sentenza si ricorda che l’affissione del crocifisso nelle scuole è stata imposta dal fascismo, che subito dopo la marcia su Roma iniziò quel processo di affiancamento della chiesa cattolica che portò ai patti lateranensi nel febbraio 1929.
Oggi non esiste più alcuna religione di Stato e la laicità dello Stato è un principio costituzionale fondamentale come ribadito dalla Cassazione con questa sentenza.
Un secondo principio importante è che la scuola non è “un servizio a domanda”: la circolare del dirigente scolastico era illegittima anche perché basata solo sulla richiesta della maggioranza degli studenti, senza tener conto delle diverse esigenze rappresentate dalla minoranza degli studenti e dallo stesso professor Coppoli.
L’Istituzione scolastica autonoma, tramite gli organi collegiali e, nello specifico, il consiglio di classe (non il dirigente scolastico autoritativamente) deve trovare un “ragionevole aggiustamento” fra le diverse istanze. In particolare, la Corte propone a titolo esemplificativo tre possibilità: a) l’affissione sulla parete accanto al crocifisso di un simbolo rappresentativo della cultura laica; b) una diversa collocazione spaziale del crocifisso non alle spalle del docente; c) l’uso non permanente della parete con il momentaneo e rispettoso spostamento del crocifisso durante l’ora di lezione del docente, che è esattamente il comportamento tenuto dal professore ternano , che a fine lezione rimetteva il crocifisso sulla parete.
Affermando che il crocefisso è un simbolo passivo la sentenza ha, invece, respinto la questione della discriminazione.
Va sottolineato che la soluzione prospettata dalla Corte apre alla possibilità che nella pratica si arrivi ad una forte differenziazione di pratiche tra le scuole con l’affissione di diverse rappresentazioni religiose con una moltiplicazione dei simboli religiosi nelle aule.
“E’ preferibile – sostengono i Cobas – una soluzione alla francese con il divieto di esposizione di simboli religiosi nelle aule. Va evitato, in ogni caso, l’uso discriminatorio dei simboli religiosi o culturali, contrario alla ratio della sentenza che ribadisce continuamente che in materia di religione nessun rilievo può essere attribuito al criterio quantitativo, al criterio di maggioranza e che la scuola pubblica non ha e non può avere un proprio credo da imporre: l’ambiente scolastico è sottratto al principio di autorità trascendentale!
I COBAS della scuola, docenti e ATA, continueranno a lavorare per costruire una comunità educativa inclusiva, libera e critica ed evitare un uso strumentale, escludente e discriminatorio dei simboli religiosi.”
Ben diversa l’interpretazione che ne danno i vescovi. Secondo la CEI, infatti, “il crocifisso non discrimina.” La sentenza con cui la Corte di Cassazione è intervenuta sulla vicenda sollevata in una scuola di Terni ribadisce che “l’affissione del crocifisso – al quale si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo – non costituisce un atto di discriminazione”.
Inoltre, monsignor Russo, segretario generale della Conferenza Episcopale ha commentato che “la decisione della Suprema Corte applica pienamente il principio di libertà religiosa sancito dalla Costituzione, rigettando una visione laicista della società che vuole sterilizzare lo spazio pubblico da ogni riferimento religioso. In questa sentenza la Corte riconosce la rilevanza della libertà religiosa, il valore dell’appartenenza, l’importanza del rispetto reciproco”.
“Nessuna esperienza è più universale della compassione verso il prossimo e della speranza di salvezza. Il cristianesimo di cui è permeata la nostra cultura, anche laica, ha contribuito a costruire e ad accrescere nel corso dei secoli una serie di valori condivisi che si esplicitano nell’ accoglienza, nella cura, nell’inclusione, nell’aspirazione alla fraternità”.
L’EX PRESIDE
“Ho letto attentamente la sentenza e condivido quanto affermato dai giudici, cioè che esporre il crocifisso nelle scuole non è un atto discriminatorio, basta che a volerlo sia la ‘comunità scolastica’ . L’istituto da me diretto allora si è comportato esattamente allo stesso modo, ha rispettato la volontà di tutta la comunità”. A dirlo è Giuseppe Metastasio il preside, ora in pensione, dell’istituto professionale di Terni in cui nel 2008 insegnava Franco Coppoli.
“Il crocifisso – ribadisce l’ex preside – – non l’ho voluto io, ma l’intera classe all’ unanimità, in cui tra l’altro c’erano anche musulmani e ortodossi. Sono stati poi coinvolti tutti gli organi collegiali, compresa l’assemblea d’istituto degli studenti, che ha preso una posizione chiara sulla questione”.