“Dire Dio”. Il tema dell’incontro organizzato all’Hotel Michelangelo a Terni dal Centro studi Ezio Vanoni.
L’occasione, sebbene diversa dalle altre iniziative volute dal centro studi e legate alla crisi ed alle prospettive di sviluppo del territorio ternano, ha portato comunque la responsabile organizzativa del Vanoni, Renata Natili Micheli, a parlare anche di quello, annunciando nell’introduzione: «Ci stiamo muovendo a livello europeo per trovare un progetto che associ Terni alle altre città siderurgiche, per cominciare insieme un percorso di ricerca e di rinnovato sviluppo». Poi, parla dell’argomento “Dire Dio”: «Abbiamo deciso di parlare di questo perché oggi la religione è elemento di scontro e arriva pure a giustificare le guerre. Ma è l’unico modo che può radunare le popolazioni in un elemento di coesione sociale».
Il dibattito è stato coordinato dal direttore responsabile de “L’Avvenire”, Marco Tarquinio.
Primo intervento affidato a Don Mariano Pappalardo, Padre della Fraternità Monastica della Trasfigurazione, teologo e biblista: «Dio, è continua ricerca. La ricerca di speranza, di una parola, di una certezza. Le risposte sono il pane che i credenti cercano. La storia tra l’uomo e Dio è costellata di domande. Sia nel rapporto tra Dio e gli uomini ai quali si rivela, sia in quello tra Gesù e gli uomini del suo tempo. Ma con Gesù, la cosa si ribalta: diventa Dio a chiedere all’uomo cosa vuole che faccia per lui. Dunque, si dice “Dio” non attraverso risposte rassicuranti, ma là dove continuano a fermentare domande. “Dio” si può dire solo al plurale. Dirlo al singolare, diventa eretico. Perché eresia è il dare la verità in pasto al principio di non-contraddizione. La verità, invece, pur essendo una, ha tante facce. “Dire Dio?” Piuttosto, dovremmo sapere come ascoltarlo». Riguardo alle guerre in nome di Dio, dice: «Non ci sono state. Dio è stato solo una copertura, per altri vergognosi scopi».
Emanuela C. Del Re, islamista, esperta di geopolitica, docente universitaria e fondatrice dell’agenzia internazionale per la mediazione e la negoziazione, Epos, ha parlato delle caratteristiche della religione islamica. Definita come complessa e piena di sfaccettature. Una realtà molto più complessa di quanto possa sembrare vista da fuori. «Quando parliamo dell’Islam non parliamo del terrorista. E’ una pluralità di voci. Si crea una babele di sensazioni, influenze locali, oppressioni e vocazioni individuali». Lo stesso, vale per il fenomeno Isis: «E’ un progetto che, analizzato, fa capire meglio molte situazioni. Si sta organizzando, per un certo tipo di mentalità non a lungo termine ma chiamato a garantire il quotidiano. Il dibattito sull’Islam è enorme. Non si
limita solo a moderazione ed estremismo. Contiene tante sfaccettature. C’è una sfida teologica: riuscire a riconciliare l’Islam con la democrazia. Perché questo avvenga, è importante proprio la parola di Dio. Anche nel Corano, vi sono elementi che aprono alla democrazia, sebbene sembrino confliggere con altri in cui si giustifica la lotta agli infedeli». Tocca anche la questione del velo nei paesi occidentali. Sui provvedimenti adottati in Francia per vietarlo nelle scuole, afferma: «Quella del velo è una scelta, fatta in nome di una fede religiosa. Proprio per questo, dipende solo da chi la fa e non da chi possa o meno permetterla».
Enrico Modigliani, esperto di ebraismo, promotore del “Progetto memoria” per istruire i giovani sulla Shoah e membro del Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec). «Le religioni sono state spesso gli strumenti utilizzate per le guerre. Pensiamo, ad esempio, alle crociate». Cenni storici, sul rapporto tra gli ebrei e gli altri uomini, dall’antichità fino all’istituzione dei ghetti ed anche fino alla deportazione. «Dai ghetti, ad esempio – ha ricordato – furono liberati solo dopo la breccia di Porta Pia e grazie ai bersaglieri. I Pontefici, invece, sono stati spesso ostili agli ebrei». Con particolari riferimenti decisi e critici nei confronti della figura di Pio IX e Pio XII. Ma non ha fatto riferimento solo a questini ebraiche o agli ebrei. «Pensate a quello che avvenne in Etiopia, da parte degli italiani». Importante, per Modigliani, è «tenere sempre viva la memoria e pensare al futuro».
Fausto Bertinotti ha parlato come “ateo alla ricerca”. «Siamo in un tempo – ha detto – in cui penso che l’umanità viva il rischio della sua autodistruzione. Mi pongo tra due formule, di altrettanti teologi. La prima è quella di Leonardo Boff che dice “Ormai, solo Dio può salvarci”. La seconda formula è quella di Dietrich Bonhoefer, del “vivere come se Dio non esistesse”. Ma citerei pure un’altra frase, quella detta da Gesù ai sacerdoti del sinedrio: “Dare a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”». Apprezza la figura di Papa Francesco: «Ha il coraggio di muoversi e parlare senza il timore di essere scambiato per un comunista. Lui dispiega un elemento di critica alla società ed al rischio che contiene verso la natura e verso la persona, aggiungendo che l’uomo, davanti a questo, può cambiare le cose. Mi ricorda Antonio Gramsci, che diceva che quando tutto è, o sembra, perduto, in realtà è il momento di ricominciare». Il futuro, è in mano all’uomo, sia per la sua fede che per la sua coscienza. «E’ il tempo non della fede, ma delle fedi. Tutte le culture che racchiudono il segno della speranza e l’idea della liberazione, possono riporre la loro fiducia nell’imprevisto. Che in un linguaggio può essere l’avvento di Dio, in un altro l’avvento della coscienza dell’uomo».