La paura è che l’annunciata chiusura del sito ElectroTerni di viale Centurini non sia altro che l’inizio del disimpegno del gruppo nell’area ternana e che a breve toccherà anche il sito di via del flagello. I sindacati Fim, Fiom, Uilm e Fismic sono concordi nel ritenere che Terni non possa permettersi di perdere altri posti di lavoro, ma la vertenza ElectroTerni è “difficilissima perché riguarda, al momento, solo 16 lavoratori”.
Per questo nella sede della Fismicsi è tenuta una conferenza stampa con i rappresentanti sindacali che chiedono aiuto alle istituzioni.
“Abbiamo due incontri già fissati, afferma Giovacchino Olimpieri della Fismic, con il sindaco ed il prefetto e chiederemo loro un’iniziativa congiunta per salvaguardare l’occupazione. Poi avremo un incontro in Confindustria il 14 maggio con l’azienda, ma non ci aspettiamo nulla di buono. Purtroppo sono sempre più ‘prenditori’ e sempre meno imprenditori. Già nel 2006 abbiamo avuto i primi sentori che qualcosa non andava, ma l’azienda non ha fatto nulla per rimediare. Ci risultano spostamenti di impianti dall’azienda, ma ancora non abbiamo certezze per poter intervenire. Questa, poi, è un’azienda che ha ottenuto i benefici della legge 181. Qui, non lo dimentichiamo, c’è un’area di crisi complessa, ci sono delle agevolazioni, l’azienda potrebbe dare la possibilità ad altri imprenditori di continuare la missione industriale in questo territorio”.
“Il gruppo non ha fatto nulla per mantenere il sito ternano, sostiene Stefano Garzuglia della Fiom Cgil, mentre quelli che ha al nord vanno bene. Questo significa che l’azienda a Terni vuole comunque chiudere. La città non se lo può permettere, ma per un’azienda di 30 addetti la risonanza è minore. Per questo è necessario che tutti conoscano i fatti.”
“È una discussione che va avanti da tempo, aggiunge Emilio Trotti della Cisl Fim, ma noi non abbiamo trovato grosse sponde e ora anche dal sito di via del flagello arrivano le prime avvisaglie di crisi. L’azienda ha chiesto ad alcuni dipendenti di trasferirsi al nord, decidendo entro 6/7 giorni, ma parliamo di persone che hanno intorno a 50 anni, una famiglia, come si può fare una scelta del genere? Loro parlano di trasferimenti per abbassare i costi, ma non è altro che l’ennesimo passo prima della dismissione totale da Terni”.
“Dicono che le due aziende ternane hanno passività importanti, evidenzia Simone Lucchetti della Uilm, ma il management non si organizza per rilanciare il proprio prodotto. Quando abbiamo interessato la Regione questa ha offerto un modello di rilancio, ma l’azienda non si è resa disponibile ad investire un solo euro. Poi, in merito alla possibilità di un compratore il gruppo è stato molto vago. Noi siamo indisponibili a gestire la crisi come vuole l’azienda, cioè licenziare i lavoratori senza prospettive visto che dice di non avere i soldi neanche per pagare la cassa integrazione (300 euro al mese a lavoratore). È una vertenza complicatissima”.