Al momento sembra si stia parlando di dettagli, di cassa integrazione che verrà comunque erogata, di problemi burocratici, insomma. Per la chiusura della Treofan in tanti si stanno leccando le ferite, per una sottovalutazione del problema, per la convinzione, almeno da molte parti, politiche, istituzionali e sindacali, non tutte ovviamente, che alla fine si sarebbe tutto concluso positivamente. Di nuovo, di diverso c’era la controparte, per niente disposta a trattare secondo le regole tradizionali dell’imprenditoria italiana. E ora? Si dà quasi per scontato che i posti della Treofan sono irrimediabilmente persi anche se all’orizzonte è apparso un nuovo modo di intervento dello Stato, concretizzatosi con la Corneliani di Mantova, dove la Cassa Depositi e Prestiti ha messo i soldi, ha preso una robusta partecipazione azionaria e la fabbrica, un orgoglio nazionale, è ripartita, ritornata sul mercato con la Cassa pronta a rivendere, con guadagno. Quasi quasi sembra di vedere le vecchie Partecipazioni statali, che hanno industrializzato l’Italia del dopoguerra, rientrare in funzione. La differenza tra le due situazioni è molto grande ma quello che ha mitigato l’idea della sconfitta è che lo Stato è tornato a “sporcarsi” le mani. Certo, “per Treofan c’è bisogno “di un disegno ampio che la contenga – spiega Fabrizio Framarini, segretario provinciale della Cisl chimici. Un disegno che rilanci il polo chimico all’insegna della sostenibilità, anche se è un termine abusato. Che significa? Significa che Novamont deve diventare la nuova Basell, ossia la fornitrice di materia prima, ma biocompostabile, a tanti trasformatori, tra cui ovviamente Treofan, che la lavorino a ‘km zero’. In questo modo, tra l’altro costringeresti Novamont non solo a rimanere ma soprattutto ad investire più convintamente su Terni. Vista in quest’ottica quindi ben vengano soldi pubblici. Se invece i progetti sono fatti a uso e consumo di qualche amico degli amici e durano quanto un temporale estivo, i soldi li possiamo anche risparmiare. Altra partita da provare a giocare con attenzione è quella del riciclo delle materie plastiche. C’è penuria di materie prime; valutare progetti di riciclo e quindi del riuso di materie plastiche è anch’essa la direzione a cui si può guardare”.
Ma a ben vedere questo è comunque pane per una programmazione, minimo regionale, che però al momento, non s’è vista. Ma intanto il pensiero che lo Stato possa fare alcuni passi, ha fatto sobbalzare più di qualcuno.