“I servizi segreti hanno tenuto per lungo tempo un dossier su Pier Paolo Pasolini, la cui figura e le cui relazioni erano collegate ai livelli più importanti dell’Italia dell’epoca, in ambienti disparati dall’economia, alla politica”.
Lo ha affermato l’ex generale dei carabinieri Antonio Cornacchia, colui che intervenne all’idroscalo di Ostia la notte dell’omicidio dello scrittore, il 2 novembre 1975, prendendo a sorpresa la parola all’incontro di Orvieto organizzato dal club Amici della Stampa insieme ad Unitre con l’avvocato Stefano Maccioni che si sta battendo in sede legale affinchè venga riaperto il caso sull’omicidio.
Al termine della presentazione del libro di Maccioni “Pasolini un caso mai chiuso” nel corso della quale il penalista è stato intervistato dalla studiosa di Pasolini Rosella Lisoni, il generale Cornacchia ha affermato: “Credo che sia difficile giungere ad una verità per via giudiziaria sul caso Pasolini che può essere compreso a pieno solo inserendolo nel clima politico degli anni Settanta”.
Cornacchia alias Airone 1, è stato forse il poliziotto italiano più famoso della seconda metà degli anni Settanta: fu lui ad arrestare Renato Vallanzasca e ad aprire per primo il bagagliaio di una Renault 4 in via Caetani, trovando il corpo di Aldo Moro o a scoprire i covi delle Br e dell’Anonima Sarda.
“Airone 1 è il nome urlato ogni giorno in una radiolina di un’alfetta bianca, direttamente dal cuore dei ’70 dei massacri e delle stragi, delle connivenze e degli spari, di Moro e di Pecorelli, di Dalla Chiesa e della Magliana, di Paul Getty e di Cossiga, delle commissioni parlamentari e dei governi balneari, del compromesso e dei servizi segreti” scrive civonline.
L’incontro di Orvieto, presentato da Claudio Lattanzi del club Amici della Stampa, ha visto anche la lettura di brani di Pasolini da parte dell’attore e regista Pietro Benedetti, di Alberto Romizi e della docente Anna Maria Fausto.
Parole di apprezzamento per l’iniziativa sono venute dal presidente del Consiglio comunale Umberto Garbini.
Stefano Maccioni ha ricostruio con dovizia di particolari i tanti misteri legati al massacro del grande intellettuale, anche mostrando sullo schermo della sala comunale dove si è svolto l’incontro immagini dei reperti raccolti dagli inquirenti sul luogo del delitto.
Il delitto Pasolini è uno dei grandi misteri della storia italiana perchè molto probabilmente collegato ad altre trame oscure che attendono ancora di essere svelate dalle inchieste giudiziarie.
Per l’omicidio venne condannato, come è noto, Pino Pelosi, ma il sospetto che ci fossero altre persone sul luogo del delitto è sempre stato fortissimo e lo stesso Pelosi, ospite di una trasmissione televisiva nel 2005, dichiarò che c’erano altre persone e che lui era stato solo un semplice spettatore di quel massacro.
Il fatto del resto che il delitto lo abbiano commesso altre persone era emerso in maniera evidente fin dal primo momento come aveva sostenuto lo stesso tribunale di Roma e come l’avvocato riporta nelle primissime pagine del suo libro.
“Le indagini sono state gestite nella direzione di rafforzare l’interpretazione del delitto come un delitto maturato nell’ambiente omosessuale – ha detto con chiarezza Maccioni – l’esecutore dell’omicidio non è stato Pelosi“.
L’avvocato Maccioni, insieme con il regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti, ha chiesto la riapertura del caso perchè è stato adesso dimostrato che sul luogo del delitto c’erano altre tre persone come dimostrano i dna rivenuti dai Ris ed alcune fotografie.
La riapertura del caso Pasolini era già avvenuta nel 2010 su richiesta dell’allora ministro di Grazia e giustizia Alfano dopo le dichiarazioni del senatore Marcello dell’Utri il quale aveva dichiarato di aver scoperto una delle parti mancanti del romanzo incompiuto di Pasolini “Petrolio” che mettevano in relazione l’altra morte misteriosa del presidente dell’Eni Enrico Mattei con sospette responsabilità da parte del suo successore Eugenio Cefis.
Far tacere una voce scomoda che aveva molto da dire sugli intrecci tra politica, affari, malavita organizzata, facendo passare quella morte come un episodio legato ad una storia sessuale.
Questa la chiave di lettura del caso Pasolini.