Era andato a Liegi per vincere il suo concorso quale clarinettista in quel teatro stabile: Aaron Chiesa, una ventina d’anni, residente a Roma, ma spessissimo a Narni al seguito della mamma, Anais Lee, coreana organizzatrice delle masterclasses di Mozart, doveva partire le mattina della strage all’aeroporto belga. Era entrato nell’aerostazione per mettersi in fila al banco maledetto. Non ha fatto in tempo solo per un minuto, solo perché con un suo amico era andato al bar. E dire che era felicissimo per aver avuto un posto di lavoro, un buon posto, in una orchestra prestigiosa. Pensava solo a tornare a casa, a Roma. E’ stato investito dall’onda d’urto proprio al bar che però ha attenuato la spinta terribile della bomba. Per lui tanta paura.
E’ fuggito verso la pista: la polizia li ha sistemati, lui e gli altri spaventatissimi viaggiatori in un hangar, protetti da personale armato. Ad un certo punto, dopo ore, una compagnia aerea dell’Asia ha portato a tutti loro i cestini da viaggio, accolti come una liberazione. Intanto all’interno dell’hangar la polizia e la protezione civile belga aveva anche posizionato delle brande. Poi è tornato a Roma con Alitalia che aveva organizzato una serie di voli appositamente per loro partendo da Dusseldorf che dista ben tre ore da Bruxelles.