I versi che state per leggere sono stati scritti da un anonimo di Terni (che tale vuole restare) e raccontano la tragedia di Quargnento (AL) dove, il 5 novembre 2019, morirono 3 vigili a causa di una esplosione
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L’anonimo ternano (mascherato) si è recato anche sul posto a visitare il luogo della tragedia omaggiando con la poesia e un disegno i vigili del fuoco deceduti.
Così, una mano segreta, segna la trama come la voce guida la pubblicità.
L’HOMMAGE
“Questa è la storia di Quargnento,
bella la donna, lunghi i capelli, nero il mantello,
respinta dal giorno nel suo sentimento,
condannata al tramonto, lo sfida a duello.
Scende a tempo di ballo, sessanta passi alla volta,
prende il respiro, fa una giravolta,
addosso ha tre vesti, malvagio l’intento,
le porse a una terna, le cambiò vestimento
Ma andiamo a ciò che la vide coinvolta…
Danzando irretì tre giovani consorti,
accecata dalla rabbia, li convinse in mezzo ai morti;
spogliò l’invidia e si vide assolta.
C’è una caserma in via del coraggio,
d’acqua il colore del salvataggio,
sarà per loro quell’alzabandiera,
per reclamare la triade chi era.
Più in là, una casina in mezzo a un bosco
avvisata era dal suo padrone,
lenta usciva dalla sua visione,
altro voleva fare del posto
lo stesso decise, prima di farla sparire,
d’alzarla in cielo, lì farla salire,
non per vezzo o per vanità,
solo agli altri per farla sentire
ma sbagliò, ahimè, l’ora del giorno,
intanto che il sonno girava lì intorno,
intimò alle mura di tenersi pronte a mezzanotte,
le fece scendere di sotto chiamandole due volte.
Accorsero i vigili,
il Corpo dell’Arma e i paesani,
con gli occhi rossi
e i santi nelle mani.
Fra quegli indumenti, poi, vi scorse un boato,
venne a chiedervi i pezzi per averci provato,
che raccolsero gli onori,
che raccolsero i dolori.
<<Vi muovete sicuri come chi crede,
femminea la mano che v’insegna il mestiere,
nell’altra il gelo, che poi dovrete,
saprete lontana la fame e la sete.>>
Poi la paura volò alta nell’aria,
il nome vostro vi trova una scala
di lacrime e pianti, ci sale silente,
vede come si ama e si muore per niente.
C’è una caserma in via del coraggio,
alcuni di loro sono in ostaggio,
contano assenti, son sempre virtuosi,
sai, della vita affatto gelosi.
In alcuni momenti la leggerezza con la quale viene raccontata la vicenda incanta; sembra volere scacciare la cattiveria, il nero che in essa si cela per lasciare e far risaltare solo la grandezza, l’eroismo, il bel ricordo degli uomini, il sacrificio di tre lavoratori. La mano, allora, tira giù la strofa che parla di questa donna che cambia di abbigliamento i poveri malcapitati, ovvero li chiama al dovere, li veste da lavoro, abiti con i quali incontreranno la loro sorte; oppure quando “un boato viene a chiederne i pezzi per averci provato”, chiaro riferimento all’esplosione che li portò via, che dilaniò i loro corpi. Tutto sembra essere normale, leggendo, poi, si colgono i riferimenti e si pensa “Come ha fatto a dirlo così?”
Assieme ai due fogli e al disegno, dove la dama ha il prolungamento della veste nella buia sera (fa da cielo, infatti), rimane sull’erba appena bagnata dalla guazza una spiegazione di tre strofe – questo grazie anche all’apporto di un valido aiutante.
Gli astanti trovano il loro sorriso avvolto dallo stupore.
L’ignota figura muove a mo’ di ballo il piede illuminato, prima di dileguarsi fra la quercia e il cancello maledetto della villa, di cui rimangono solo i pianti.