Vendemmia amara, questa del 2025. In Umbria, a fronte di una produzione di vino e mosto in crescita rispetto ai 365mila ettolitri del 2024 e di una qualità giudicata buona, i prezzi delle uve hanno registrato un nuovo e deciso scivolone. Lo certifica l’ultimo listino del 14 ottobre della Borsa Merci di Perugia, organo della Camera di Commercio dell’Umbria, che come ogni anno fornisce i valori realmente pagati ai produttori, franco consegna ai centri di raccolta: un elemento di trasparenza raro tra le Borse Merci italiane, molte delle quali si limitano a rilevare i prezzi praticati tra grossisti e intermediari.
Rispetto al 2024, le quotazioni 2025 mostrano un calo fino al 30% per i prezzi minimi e al 33,3% per i massimi, mentre nel confronto con il 2023 la flessione diventa ancor più grave: tra il -40% e il -50% per i minimi e fino al -54% per i massimi. Le uve destinate ai vini rossi Doc e Docg sono le più penalizzate, con un solo segno positivo: il Trebbiano spoletino, in aumento del 64,8%, ma solo a causa della scarsità della produzione, ridotta al minimo storico.
Il Sangiovese oscilla tra 26 e 30 euro al quintale (media 28), il Merlot tra 28 e 30 (media 29), il Cabernet sauvignon sugli stessi valori, mentre il Sagrantino Docg, vino simbolo dell’Umbria, si mantiene su 100-140 euro al quintale (media 120). Per le uve bianche Doc, il Trebbiano quota tra 22 e 26 euro (media 24), il Grechetto tra 30 e 35 (media 32,5), e a pari livello si collocano Pinot grigio, Chardonnay e Vermentino. Ben diverso, come detto, il Trebbiano spoletino, che vola a 70-80 euro al quintale (media 75,5) in virtù della scarsità estrema di prodotto.
Rispetto al 2024, la graduatoria delle diminuzioni percentuali è eloquente: Cabernet sauvignon,
Merlot Gamay -31,8%, Sangiovese -30,9%, Trebbiano -23,8%, Grechetto, Pinot grigio, Chardonnay e Vermentino -23,5%.
Due anni di flessioni drammatiche. Se si estende lo sguardo al biennio 2023-2025, la perdita di valore delle uve umbre appare ancor più marcata. Il Sangiovese guida la classifica dei ribassi con -52,5%, seguito dal Merlot (-51,7%), dal Cabernet sauvignon e Gamay (entrambi -50,8%), dal Trebbiano (-46,7%) e da Grechetto, Pinot grigio e Chardonnay (-44%). Il Vermentino arretra del 40,9% e perfino il Sagrantino Docg – tradizionalmente il vino simbolo dell’Umbria – mostra un differenziale medio del -33,3% rispetto al 2023.
Un comparto sotto pressione. Dopo due anni consecutivi di ribassi, la vitivinicoltura umbra vive una fase complessa e incerta. La qualità delle produzioni resta alta, ma il mercato è debole e la domanda si contrae. Il consumo di vino in Italia si è più che dimezzato in quindici anni: da 21,76 litri pro capite nel 2010 a 10,3 nel 2024. A pesare sono il cambiamento delle abitudini dei consumatori, l’attenzione crescente alla guida in stato di ebbrezza e le sanzioni più severe, il rallentamento economico europeo e i dazi imposti dall’amministrazione Trump, che frenano le esportazioni verso gli Stati Uniti, mercato strategico per molte etichette umbre.
Effetto catena sui territori. La vitivinicoltura regionale resta un pilastro dell’agricoltura e del turismo enogastronomico, ma la caduta dei listini incide su tutta la filiera: dai piccoli produttori alle cooperative, fino ai distributori e ai ristoratori. In molte cantine si parla ormai di “allarme rosso”, con margini ridotti e difficoltà a coprire i costi di produzione, soprattutto quelli energetici e della manodopera. Il rischio, per molti operatori, è quello di non poter reggere un’altra vendemmia su questi livelli.
“I dati della vendemmia 2025 fotografano una situazione che mette a dura prova la resistenza di molte cantine umbre – afferma Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di commercio dell’Umbria – La qualità dei vini resta elevata, ma il valore riconosciuto ai produttori continua a scendere, con riduzioni che in due anni superano in alcuni casi il 50%. La Borsa Merci della Camera di Commercio dell’Umbria rappresenta uno strumento indispensabile di trasparenza, perché registra i prezzi realmente pagati e non quelli ipotetici di mercato. È un riferimento concreto per leggere le difficoltà del comparto e orientare le scelte future. In questa fase serve coesione, visione e capacità di innovare, per restituire sostenibilità economica a un settore che è parte integrante dell’identità produttiva e culturale della regione.”