“Nessuno provi a svendere le centrali idroelettriche o a rifondere alcunché ad Arvedi: la legge vigente prevede che il 70% delle nostre centrali idroelettriche possa essere sostanzialmente gestito da Regione e Comuni, sotto l’egida dell’interesse pubblico.
Il resto vada a regolare gara, come da normativa.
Ecco perché è davvero mistificatoria e provinciale l’iniziativa propagandistica e lobbistica con cui Arvedi rivendica indennizzi per espropri di impianti energetici avvenuti oltre 60 anni fa da parte dello Stato verso un’azienda dello Stato (le Acciaierie ex IRI), tacendo del fatto che quelle stesse Acciaierie ternane hanno poi goduto, fino ai primi anni 2000, di tariffe di assoluto favore, decise proprio nei primi anni ’60, all’epoca della nazionalizzazione ENEL.”
Lo sostiene in una nota Andrea Liberati di Italia Nostra Terni.
“In seguito il prezzo dell’energia lo ha deciso il mercato – scrive l’associazione ambientalista – in un contesto di liberalizzazione europea; ma com’è che lo stesso Arvedi, su Cremona, parla poco o nulla dei costi energetici, né assume atteggiamenti piagnoni? Perché lo fa qui?
Probabilmente perché qui, più che altrove, siamo ancora e sempre nell’Età del Ferro: l’Acciaieria è vista come totem intoccabile, cui sacrificare tutto, fino alla pelle nostra (come da Studi ‘Sentieri’ e altri), in un concerto di cretinaggine collettiva senza freni, legata a stadi primordiali della civiltà più che alla raffinatezza della contemporaneità.
Sulle centrali non si pretende certo il rispetto della verità storica da parte di una multinazionale, ma, se usassimo lo stesso metro di Arvedi, l’attuale proprietà, quale avente causa dei suoi predecessori, dovrebbe anzitutto rispondere dei danni ambientali e sanitari miliardari per scorie e rifiuti siderurgici disseminati ovunque nella Conca, oltre a polveri e nubi tossiche a go-go.
Parimenti, in un Paese anglosassone qualsiasi ci si muoverebbe con forte determinazione per individuare le responsabilità della contaminazione delle falde acquifere da metalli pesanti, tra cui nichel, cromo esavalente e altro, ascrivendole senza dubbio unicamente alle Acciaierie medesime.
Se Arvedi può permettersi di propalare simili sciocchezze, contornato da una lunga fila di masochisti corifei locali, se Arvedi può addurre tali argomenti verso una politica già arrendevole di suo – afferma ancora Liberati – è soltanto perché i ternani (e gli umbri) non hanno ancora capito l’enorme valore dell’asset idroelettrico: quando comprenderanno che immenso tesoro hanno in casa (2-300 milioni all’anno di mera rendita, grazie solo all’acqua che scorre!), non se lo lasceranno scippare dall’Arvedi di turno.
Questi può tuttavia legittimamente partecipare o compartecipare al bando pubblico di cessione del 30% dell’asset, sperando di vincerlo e pagando corrispondentemente alla Regione Umbria cifre che, ipoteticamente, non sarebbero lontane dal miliardo di euro, se non superiori. Altro che ‘indennizzi’ e fumisterie varie!
Siamo d’altra parte sicuri che un capitalista e gentiluomo di tal fatta non abbia problemi a racimolare simili somme, visti gli utili stellari registrati negli ultimi lustri.”