Era il comandante del barcone con a bordo circa 200 persone, che – ubriaco – aveva continuato a pilotare fino al Canale di Sicilia, nonostante avesse iniziato ad imbarcare acqua poche ore dopo la partenza dalla Libia. In quel 4 marzo 2015 persero la vita per annegamento almeno 10 migranti, tra cui un bambino di 2 anni; 121 furono i superstiti che in quel tunisino riconobbero il responsabile della tragedia. Dopo un anno di carcere, scaduti i termini di custodia cautelare e in attesa del processo, era stato rimesso in libertà. Quindi, nel 2016, era stato denunciato per ricettazione e nel 2018 per reati di droga. A Terni si era fatto conoscere nel luglio scorso, quando era stato arrestato dalla Polizia Stradale per aver tentato di evitare un posto di blocco mentre si trovava alla guida di un’auto in stato di ebbrezza, causando anche un incidente. In quella circostanza era stato condannato dal Tribunale di Terni. All’uscita dal carcere di vocabolo Sabbione era stato espulso ed accompagnato dalla Polizia nel Centro di Permanenza e Rimpatrio di Bari, dove, appena arrivato, aveva presentato richiesta di protezione internazionale, in virtù della quale, in attesa di essere convocato dalla Commissione per il Riconoscimento dello Status di Rifugiato, aveva lasciato il Centro di Bari ed era tornato di nuovo a Terni.
I suoi spostamenti ed i suoi contatti, però, sono stati monitorati dall’Ufficio Immigrazione della Questura ed un mese fa è stato accertato che il tunisino si era sposato con una ternana.
Nel frattempo, è pervenuto l’esito del giudizio emesso dalla Corte di Assise di Siracusa che lo ha ritenuto il comandante e conducente del barcone sovraccarico e privo di dispositivi di salvataggio condotto, peraltro, in stato di ubriachezza alcolica.
Per questo è stato condannato ad 11 anni e 8 mesi di reclusione oltre al pagamento di 4 milioni e 400.000 euro come risarcimento del danno che, come riportato nella sentenza “rappresenta la manifestazione istituzionale della umana pietà, espressa dal livello più alto degli organi di rappresentanza dello Stato italiano, per coloro che hanno perso la vita il 3.3.2015 nel Mar Mediterraneo e per coloro che, pur sopravvissuti, sono stati vittima dei fatti in imputazione”.
Non appena ricevuto il mandato di cattura gli agenti dell’Ufficio Immigrazione hanno rintracciato il tunisino presso l’abitazione della moglie, lo hanno arrestato e condotto presso il carcere di Terni.