Torna in libreria Rita Boini, una delle massime esperte di cucina regionale italiana e senz’altro la persona che può vantare la conoscenza più approfondita e completa della gastronomia umbra, arricchita da anni di esperienze a contatto con cuochi e uomini, ma soprattutto donne, depositari di antiche tradizioni culinarie, molte delle quali perdute o in via di scomparsa.
“La cucina umbra. Sapori di un tempo” per Intermedia Edizioni è una raccolta completa, si potrebbe dire il “testo definitivo” sull’argomento.
La tradizione gastronomica umbra è prevalentemente contadina e pochi sono i piatti invece tipici del mondo borghese. E’ questo il contesto in cui si muove il volume di Rita Boini, un vero e proprio punto di riferimento non solo per chi vuole riscoprire una tradizione gastronomica che sta scomparendo e che è già, in larga misura dimenticata, ma anche per chi vuole conoscere da vicino la tradizione del mondo delle campagne a cui questa gastronomia è inestricabilmente collegata.
Boini passa in rassegna i piatti tipici attraverso due criteri, quello della tipologia gastronomica (antipasti, uova, salse e sughi, minestre e zuppe, pastasciutta, riso, gnocchi e polenta, pesci, verdure e legumi, carni e dolci) e delle specificità territoriali.
Ogni città e paese dell’Umbria ha infatti nella propria tradizione culinaria dei piatti che sono caratteristici di quella zona e che altrove si preparavano in maniera diversa o che erano del tutto sconosciuti. E’ il caso, ad esempio, delle palombacce alla ghiotta, tipico piatto di Todi, della corata di lepre con la crescia di Nocera Umbra, della bistecca del curato tipica di Orvieto o di dolci ormai scomparsi come i cannoli dolci che si facevano a Campello sul Clitunno e a Colle del Marchese o, ancora, dei crostini ubriachi tipici di Città di Castello, per non parlare delle tradizioni legate alla cottura del pane che, nella zona di Foligno, portava alla preparazione del fallone, un impasto di farina di granturco, acqua e pochissima farina di frumento.
Le origini della cucina umbra affondano dunque le proprie radici nella povertà della tradizione contadine come dimostra la lavorazione del maiale “di cui non si sprecava nulla”. Pur ricchissimo di particolari gastronomici con approfonditi riferimenti anche alle caratteristiche agricole dei vari luoghi della regione, il libro di Rita Boini ha, tre le righe, anche l’inconsueto e gradevole spessore di un vero e proprio testo di storia.
Le vicende legate al cibo si intrecciano infatti con la storia delle comunità locali. Ecco allora il singolare caso di un segretario comunale di Città di Castello che, agli inizi del Novecento, era solito agevolare pratiche intascando tangenti particolari sotto forma di “dazioni” di uova, ma l’autrice collega a fatti storici anche l’origine del perugino “pane sciapo” che si cominciò ad usare quando lo Stato pontificio impose pesanti tasse sul sale. Grande spazio viene anche riservato alla cucina ternana e a quella di tutta l’Umbria meridionale.
Nell’ormai scomparso mondo contadino c’era anche le figure di donne, raramente qualche uomo, che andavano a cucinare a domicilio nelle case altrui, ricevendone in cambio olio, vino ed altri frutti della terra, in una anticipazione delle moderne figure degli chef a domicilio.
“La cucina umbra” consente di recuperare sapori perduti, facendo conoscere preparazione di piatti semplici o elaborati che costituiscono al tempo stesso un patrimonio delle memoria e della identità umbra, tramandatisi da una generazione a quella successiva, ma con una sequenza che il moderno stile di vita ha ormai quasi irrimediabilmente interrotto, cancellando sapienze antiche per lasciare il posto ad una omologazione generalizzata e dilagante di sapori, ingredienti e gusti.