La ripresa in Umbria non è percepita, in base agli ultimi dati dell’Istat dichiara di aver visto peggiorare nell’anno la propria condizione economica il 40,4% delle famiglie, terzo peggior risultato d’Italia. In valori assoluti si tratta di 153 mila nuclei familiari. Risultati peggiori, sempre secondo l’Istat, li presentano solo Sicilia (43,9%) e Calabria (40,4%).
La ripresa c’è, nel senso che il Pil è tornato ad aumentare ormai da due anni, ma quando guardano a quanto c’è nel proprio portafoglio alle famiglie umbra sembra non risultare. Emerge con grande chiarezza dall’ultima indagine dell’Istat sulla percezione delle famiglie rispetto all’andamento della situazione economica durante l’anno, con il settore datajournalism di Mediacom043, diretto da Giuseppe Castellini, che ha elaborato e approfondito le cifre fornite dall’Istituto nazionale di statistica.
In estrema sintesi, l’Umbria è in bassa classifica per percentuale di famiglie che nel 2016 affermano di aver migliorato o di aver visto invariata, rispetto all’anno precedente, la propria situazione economica, mentre è tra le prime regioni in cui è più alta la percentuale di nuclei familiari che affermano di aver visto peggiorare la propria condizione (vedere tabella 1). E il 2016 è un anno in cui non solo l’Italia ha visto il Pil riprendere a crescere marcando +0,9%, ma in cui l’Umbria, cosa rara negli ultimi 20 anni, ha avuto una crescita del Pil superiore alla media. Insomma,
una ripresa che ormai i dati rendono evidente (anche se in Umbria è inferiore alla media italiana e decisamente inferiore alla media del Centro-Nord), ma che in termini di benessere non viene percepita dalle famiglie della regione. Una dicotomia su cui sarebbe bene effettuare approfondimenti, perché ha un impatto sulla fiducia – che come noto è un componente importante della crescita – e anche sull’atteggiamento degli umbri verso le istituzioni e la politica.
I dati
L’Umbria è quarta sia per percentuale di famiglie (30%) che affermano di aver visto “un po’ peggiorata” la situazione economica rispetto all’anno precedente, sia per quelle che dichiarano di averla vista “molto peggiorata” (10,4%). E l’Umbria è terza nella classifica del disagio, ossia per percentuale famiglie che dichiarano di aver peggiorato nell’anno la propria situazione(un dato che si ottiene sommando le famiglie che affermano di aver “un po’ peggiorato”e di aver “molto peggiorato”. Le famiglie umbre che segnalano un peggioramento “un po’” o “molto”) rispetto all’anno precedente sono infatti il 40,4%, un dato superato solo da Sicilia (43,9%) e Calabria (40,4%). Il dato umbro è nettamente più alto di quello medio nazionale (34,8%) e di quello del Centro (33,5%). Per la cronaca, le regioni che presentano le percentuali più basse di famiglie che segnalano un peggioramento delle proprie condizioni economiche durante l’anno sono Emilia Romagna (30,5%), Toscana (30,9%), Lombardia (31%) e Valle d’Aosta (32,5%), Completando il quadro del centro Italia, il Lazio segna il 34% e le Marche il 34,1%.
In dati assoluti significa che sono 114 mila le famiglie che hanno dichiarato all’Istat di aver visto un po’ peggiorate le loro condizioni economiche. Sono , invece, 39 mila, quelle che hanno affermato di aver visto molto peggiorata la loro situazione finanziaria.
Complessivamente, sono quindi 153mila i nuclei umbri che evidenziano un peggioramento, più o meno forte, della propria condizione economica.
Quanto invece alle famiglie che dichiarano di aver “molo” o “un po’ migliorato” la propria situazione economica rispetto all’anno precedente, in Umbria sono il 5,6% (in valore assoluto si tratta di 21mila nuclei) del totale. In questo caso, specularmente al fatto di essere molto in alto nella graduatoria delle famiglie che peggiorano, l’Umbria qui è sotto la media, sia nazionale che del Centro (entrambe segnano 6,4%), piazzandosi nella parte medio-bassa della classifica.
Stessa situazione per quanto riguarda le famiglie che dichiarano di aver visto inalterata, sempre rispetto all’anno precedente, la propria condizione economica. In Umbria sono il 54% (in valore assoluto si tratta di 205mila nuclei), decisamente sia sotto la media nazionale (58,3%), sia sotto quella del Centro (59,2%).
CONCLUSIONI
“In Umbria sembra esistere uno scollamento – afferma Castellini – tra i dati che ci dicono come la ripresa ormai si veda, anche se è più lenta della media nazionale e il disagio delle famiglie, che invece non scende. Non solo, ma i cittadini fanno mostra di non credere neppure ai messaggi di ottimismo che arrivano dalle istituzioni umbre, che evidentemente sono colte da una grave crisi di legittimità nel rapporto con gli umbri. Una traccia per comprendere questa dicotomia tra dati e percezione, che ha effetti sul grado di fiducia, sulla forza delle istituzioni e anche sugli equilibri politico-elettorali in cui forti mutamenti si sono già ampiamente manifestati, è che la ripresa in Umbria non solo non ha fatto recuperare in modo consistente l’occupazione persa durante la recessione (per tornare al numero degli occupati pre crisi all’Umbria mancano ancora 14mila 500 posti di lavoro, manifestando un ritardo tra i più forti d’Italia), ma l’occupazione che si sta creando nella regione è particolarmente fragile da tutti i punti di vista”.
“L’altra traccia per cercare di spiegare la dicotomia ripresa/percezione – conclude il responsabile datajournalism di Mediacom043 – che si lega comunque al fattore occupazione, è la possibilità che la riduzione del welfare e il mancato scatto del settore pubblico umbro verso un deciso incremento della qualità dei propri servizi stiano facendo sentire le famiglie della regione più sole. Hanno la sensazione di doversela cavare da sole in maniera sempre più spinta e questo introduce elementi di di incertezza, di timore di non farcela con le proprie risorse economiche. La soglia di tranquillità relativamente alle proprie risorse economiche è infatti relativo, in quanto dipende dal contesto sociale, dal livello del welfare, dalla vivacità e dalla qualità del mercato del lavoro. Fattori che in Umbria si stanno facendo sentire molto”.