Con la sintesi che spesso serve per i titoli dei giornali c’è chi li ha definiti “Innovatori”. Sono 51 ternani impegnati in diversi settori della vita cittadina i quali hanno sottoscritto un documento mediante il quale sperano di promuovere il dibattito sul futuro di Terni. Una Terni in cui, per la verità, non solo manca un confronto e magari uno scontro, una discussione su alcune idee: quel che sembra essere del tutto assente è, semmai, proprio la materia prima necessaria: le idee.
La batosta della pandemia porrà anche Terni davanti ad una serie di problemi complessi, molto più – si teme – di quanto non sia successo finora, o almeno negli ultimi tre decenni. E’ nei momenti più difficili che vanno tirate fuori le energie migliori, che diventa necessario prendere un foglio bianco – che raffigura oltretutto la condizione cittadina attuale – e cominciare a scrivere. Anzi, a riscrivere una città, o meglio un intero territorio.
Ecco, riferiti per grandi linee e in modo grossolano, quali motivi hanno spinto questi 51 ternani di diversa estrazione sociale, professionale, ideologica a lanciare un sasso nello stagno. A presentare una qualche proposta che serva da base di partenza. Proposte giuste? Sbagliate? Perfettibili certamente, ma questo può accadere proprio attraverso il confronto che verosimilmente darà frutti migliori per quanto più sarà ampio. “Serve un’agenda breve e strategica – è detto non a caso in quel documento – non per ridurre le differenze tra noi, ma per metterle all’opera, per farle fruttare vuoi attraverso la competizione vuoi attraverso la cooperazione”. Può sembrare, alla fine, quell’antico discorso del litighiamo,battiamoci, arriviamo poi ad un compromesso, un accordo. Tracciamo una linea risultante delle diverse linee messe su quel foglio bianco. Ma poi, ciascuno per il suo ruolo, tutti a “tirare”dalla stessa parte che è quella di far sì che Terni – come dicono i 51 – “resti” una città.
Quanti e quante volte ci hanno provato? Un qualcosa di simile risale addirittura agli anni Sessanta del secolo scorso, quando tutte le forze politiche democratiche riuscirono ad elaborare quello che chiamarono un “Progetto per l’Umbria”. Un documento articolato, su scala regionale, che fu supportato anche nel corso di un dibattito che i rappresentanti umbri – allora non di mezza tacca – riuscirono a far in modo che si svolgesse in Parlamento.
Arrivarono poco dopo le Regioni e quel Progetto fu ritenuto superato. Però, allora, ce l’avevano fatta. Discussero a lungo, tra democristiani, comunisti, socialisti e i rappresentanti di quelli che anni dopo furono chiamati “i cespugli”, ma ognuno aveva idee da proporre e sostenere, magari anche posizioni da difendere o da andare a scardinare nel campo a fronte.
Quanti cerchi ha provocato sessant’anni dopo quel sasso lanciato nelle acque stagnanti? Poca cosa, un pluff, più che altro. L’unica risposta è arrivata da un Pd falcidiato nella sua consistenza dagli elettori, ed ancor prima dalla mala gestione politica di un’area e dall’asfittica gestione del potere conferitogli nelle amministrazioni pubbliche. Un Pd che faticosamente va cercando la catarsi. Da quel Pd diventato piccolo è giunta l’adesione al concetto del confronto. E’ già questo un segno di novità: il vecchio Pd avrebbe pensato meglio a lasciarsi scivolare tutto addosso e a non prendere in considerazione un’iniziativa che rappresenta una sfida e un’occasione. Rinunciando all’innovazione delle idee per il timore di perdere quelle posizioni che si reggevano su pilastri di creta e non di cemento armato. “C’è un’esigenza vitale di riprogrammare un’agenda geo-politica economica, territoriale e infrastrutturale della città e del comprensorio “ si legge tra l’altro nel documento del Pd diffuso dal coordinamento politico ternano che non ha dimenticato di avanzare a sua volta alcune, prime proposte: dalle opportunità di un Green new deal europeo, all’integrazione orizzontale pubblico-privata. Certo, sarebbe necessario parlarne, comunque, se il dibattito prendesse avvio.
Perché il problema prima di tutto: chi è disposto a confrontarsi?
Con una Lega, partito schiacciasassi nelle scelte elettorali dei ternani, che entra nella questione con la delicatezza e il savoir faire di une elefante maleducato? Pare difficile poter parlare e confrontarsi con chi riduce la questione alla solita – sono trascorsi due anni, ormai hanno capito anche i sassi – tiritera che si estingue nella consueta propaganda contro il Pd e la Sinistra, senza avere la capacità di guardare un palmo più avanti. “Sentire il Partito Democratico parlare di futuro della città di Terni fa sorridere da una parte e sotto certi aspetti quasi spaventa. La prospettiva di rivedere la sinistra alla guida dell’amministrazione comunale rappresenta il cattivo presagio di un ritorno al passato, un film horror, che per fortuna ha visto già la parola fine”. Non c’è niente da discutere, insomma. E altri “innovatori”, secondo la Lega non servono, perché “Gli ‘innovatori’ sono già alla guida della città e se qualcuno intende con le proprie idee contribuire a sviluppare dei progetti mirati al bene della comunità è il benvenuto. Siamo aperti al dialogo, lo siamo sempre stati, disponibili al confronto purché esso sia basato sul rispetto reciproco e improntato all’arricchimento del percorso intrapreso”. Come a dire che sì, loro – che per gli altri mostrano sempre rispetto – sono pronti a discutere: basta che dettino loro tempi e modi.
Una presa di posizione che è la copia carbone della risposta che alla lettera aperta dei 51, ha dato il sindaco leghista di Terni, apparso piccato per la definizione di “naufraghi”che i 51 avrebbero dato – ma forse ha equivocato – della sua amministrazione.
Come un coro delle “penne nere”del’Alta Badia: il capitano dà il là alla canzone e la truppa marciante ripete all’unisono.