“Non possumus”, disse: e così Pio IX evitò di parlare della Questione Romana col Re d’Italia. Più che non potere, forse, il fatto fu che il discorso non gli piaceva, e così cercò di scansare il problema.
“Non possumus” ha detto il sindaco di Terni Leonardo Latini nel rispondere a chi gli ha posto le questioni delle difficoltà economiche ternane. Questioni che, ancora una volta, trovano origine anche nella costante incertezza sul futuro delle acciaierie. Cassa integrazione, si sa, pur se c’è poi stato il calo da 1200 a 700 operai; e poi il difficile rapporto col sistema dell’indotto e della piccola e media impresa ternana che – più o meno colpevolmente – continua a dipendere molto dagli appalti dell’Ast.
Il “non possumus” di Latini si risolve nella risposta che ha dato attraverso la sua pagina Facebook – che è quella su cui era arrivato il “richiamo” a darsi da fare – “Se pensa – dice Latini all’interlocutore – che un sindaco possa determinare le scelte industriali di un paese e direi anche europee e mondiali, rimarrebbe deluso anche se cambiasse pagina».
Una risposta che, francamente, induce allo scoramento. Chi è che chiede che decida il sindaco di Terni le politiche e i piani industriali della ThyssenKrupp, ad esempio? Nessuno, ovviamente. Ma è mai possibile che un sindaco che – oltretutto – ha tenuto per sé la delega dello Sviluppo Economico non prenda posizione su una questione così importante per i suoi amministrati? Davvero il sindaco di Terni non ha l’autorevolezza sufficiente nemmeno per parlare con i dirigenti della fabbrica più importante della città che lui governa? Che non possa far sentire la sua voce per dar forza a certe richieste di spiegazione, supportare rivendicazioni? Il sindaco di Napoli De Magistris, sceso in piazza insieme agli operai di una multinazionale che vuol chiudere lo stabilimento, è un velleitario? Erano vanagloriosi quegli amministratori ternani ed umbri che piantavano grane, minacciavano ritorsioni, andavano a colloquiare con i vertici della ThyssenKrupp a casa loro ad Essen? Loro nemmeno ci pensarono a dire “non possumus”, a svilire il loro incarico fino a considerarlo ininfluente.
E quale fu la posizione di Gian Franco Ciaurro, il sindaco che – almeno dice – Latini avrebbe come “faro”? “Certo, il Comune non può risolvere questioni economiche e industriali così grosse – disse Ciaurro in un’intervista – né può aprire una fabbrica di biciclette per creare posti di lavoro. Ma può comunque farsi sentire, e prendere provvedimenti che gli competono per dare una mano”. Ciaurro intendeva quel che in effetti fece: alzò la voce contro la Regione Umbria e contro il Governo di allora perché si accelerassero iter di provvedimenti statali in corso e perché ci fosse più attenzione sulle faccende ternane. Cercò di operare – allora era questa un’esigenza primaria – per rendere disponibili ed appetibili nuove aree industriali, di attrarre investimenti su Terni.
Certo Ciaurro non poteva aprire una fabbrica di biciclette, ma almeno assunse posizioni per mostrare che era Terni, una città, a chiedere attenzione. Non solo “alcuni operai” o un gruppetto di imprenditori.