L’Umbria ha spinto su alcuni acceleratori nel 2021 in termini di ripresa, come sul fatturato, ma è rimasta indietro su altri, come investimenti e redditività, dove la regione deve fare meglio.
E guardando all’economia del triennio passato si possono già intravedere i sintomi di preoccupazione per l’anno che verrà.
Questo il quadro che è emerso dall’incontro “L’economia umbra e i bilanci delle imprese”, che si è tenuto al Centro Servizi Alessi di Perugia, promosso dalla Camera di Commercio dell’Umbria in collaborazione con la filiale di Perugia della Banca d’Italia.
Sono stati presentati “dati non noti, ma di grande importanza” per comprendere i livelli di competitività del sistema economico dell’Umbria paragonato a quello di Marche, Toscana e Abruzzo.
Risultati dell’indagine sui bilanci aggregati delle imprese, letti attraverso specifici indicatori sia a livello di economia regionale complessiva che di singoli comparti, oltre a un’approfondimento sui principali specifici settori.
“Abbiamo cercato di analizzare i bilanci di un triennio particolare, 2019-2021, che mostrano quella caduta vertiginosa su tutti gli indicatori nel 2020 per Covid e lockdown e una ripresa anche abbastanza significativa nell’anno successivo” ha affermato il professor Luca Ferrucci, che ha diretto la redazione dell’indagine.
“Però, ha aggiunto, alcuni acceleratori della crescita del 2021 sono più importanti e penso al fatturato, ma il livello degli investimenti ad esempio resta intermedio compatibilmente alle regioni vicine con tessuti economici simili. Teniamo meglio di Marche, Toscana e Abruzzo sul piano occupazionale e invece la caduta della redditività delle imprese resta molto significativa. Delle cinque leve per spingere la crescita l’Umbria ne utilizza soprattutto due, puntando su crescita del fatturato e aumento degli addetti. Meno attenzione viene posta, ad esempio, su crescita del valore aggiunto e del Roe, la redditività aziendale. In altre parole, tanto sforzo ma risultati inferiori a quelli che tale sforzo meriterebbe. E valore aggiunto e Roe con un andamento inferiore a quello delle altre regioni di confronto determinano imprese più fragili e posti di lavoro poco remunerati e anch’essi fragili. Il grande tema sta qui ed è qui che deve concentrarsi l’attenzione per rilanciare la competitività del sistema economico umbro”.
E immaginando i bilanci futuri, che ancora non si conoscono, il docente di Economia all’Università di Perugia ha ribadito come sia “chiaro che il nuovo scenario che si prospetta è problematico per le imprese. Sto pensando – ha sottolineato Ferrucci – ai costi di energia e tasso d’inflazione di quest’anno che peseranno su questi bilanci. Un anno, quello prossimo, dove si stima un rallentamento significativo dell’economia nel nostro Paese che avrà ripercussioni anche sull’Umbria”.
“L’Umbria è stata una delle pochissime regioni che nel 2021 ha superato il tonfo dovuto al Covid, registrando il più alto tasso di crescita del valore aggiunto tra il 2021 e il 2019 e secondo il nostro Osservatorio, ha evidenziato Gaetano Fausto Esposito Direttore Generale del Centro Studi Tagliacarne, nel 2022 quasi un quarto delle imprese umbre supererà i livelli produttivi pre-pandemia. Per accompagnare la crescita, gli imprenditori umbri spingeranno più degli altri loro colleghi sulla duplice transizione green e digitale: entro il 2024 il 53% investirà in tecnologie green e il 41% in digitale (contro rispettivamente il 47% e il 32% delle imprese del Centro e il 50% e il 35% della media nazionale). Il 64% delle imprese umbre non intende attivarsi per utilizzare le risorse del PNRR, un dato che seppure inferiore di otto punti al valore medio delle imprese dell’Italia centrale, evidenzia la necessità di svolgere una più capillare attività di informazione.”