Dopo la fase di recessione che ci caratterizza dal 2007, dal 2017 sembra essere iniziata una piccola e lieve inversione di tendenza. Si tratta di un dato, dovuto soprattutto alle esportazioni, colto con cautela anche perché l’Umbria deve recuperare un gap enorme di – 13,4% di Pil, ovvero 3,6 miliardi di euro di ricchezza in meno. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Ires Cgil Umbria, curato dai ricercatori Marco Batazzi e Lorenzo Testa, presentato da Mario Bravi presidente dell’Ires Umbria, Attilio Romanelli segretario generale della Cgil di Terni, Filippo Ciavaglia segretario generale della Cgil di Perugia e Andrea Farinelli della segreteria regionale Cgil Umbria.
“È evidente che i segnali molto flebili di ripresa che si registrano vanno colti positivamente, ma non sono sufficienti da soli ad immaginare una risalita per l’Umbria – hanno sostenuto – per questo da tempo chiediamo un nuovo progetto per la nostra regione, che concentri tutti gli sforzi e le risorse sull’obiettivo di creazione di nuovo lavoro di qualità, stabile e ben retribuito. Solo così infatti si può pensare di riattivare la domanda interna e di conseguenza i consumi. E solo così, soprattutto, è possibile combattere le crescenti disuguaglianze che stanno mettendo a rischio la coesione sociale che da sempre ci caratterizza”.
Dal rapporto emerge, infatti, che per occupazione e consumi il quadro è molto meno esaltante. Nel 2017 il numero di occupati in Umbria si è attestato a quota 354.803, con un incremento di appena 576 unità rispetto al 2016 (+0,2%), ma a crescere è solo il lavoro a termine (+20,4%), mentre cala fortemente (specie in provincia di Terni) il lavoro autonomo e arretra anche quello dipendente a tempo indeterminato. I disoccupati tornano a crescere, raggiungendo quota 41.762. Per quanto riguarda i consumi, poi, l’Umbria registra l’ottavo trimestre consecutivo di contrazione.