La sorpresa è molto grande soprattutto di chi credeva che la lavorazione del carbone per usi industriali fosse monopolio esclusivo della Elettrocarbonium. Invece lungo la Flaminia, lungo la “La Pezza de lu pannu”, ecco che esce fuori da un anonimo capannone, la E.Carb che il carbone lo lavora eccome, su livelli di alta specializzazione. L’azienda piccola, per il momento è guidata da Pietro Schillaci, ingegnere palermitano, che era venuto a Narni a lavorare alla Sgl Carbon per portare avanti quello che loro chiamavano gli impianti chimici: altissima tecnologia a servizio delle torri dell’industria petrolifera e farmaceutica, degli scambiatori di calore in buona sostanza. La Sgl Carbon ad un certo momento decise di sbarazzarsene e Schillaci e i suoi collaboratori quattro dipendenti, vennero licenziati. Ma l’ingegnere siciliano era sicuro di quello che doveva fare e si mise in proprio iniziando mettendosi sul mercato. Nell’aprire la propria attività aveva cercato la collaborazione di altri dipendenti della Sgl Carbon in pensione e con loro ha avviato le prime commesse. Riuscitissime. Poi è andato avanti così: ultimamente nei giorni scorsi sono venuti a Narni i membri di una delegazione giapponese per vedere la fabbrica, a vedere coi propri occhi come vengono fuori quei gioielli tecnologici. Ora i dipendenti sono una quindicina ed hanno trovato riparo nel grande capannone di Simoni sulla Flòaminia. Una scelta ragionata perché gli scambiatori hanno necessità di carpenteria metallica. E così s’è assistito al fatto che è stata anche riportata in produzione un’azienda metalmeccanica che aveva cessato la produzione. Ma di più: L’azienda meccanica, pian piano, ha iniziato a eseguire la manutenzione meccanica all’interno delle grandi fabbrica, riportando in auge la qualifica dei montatori che aveva nei narnesi i rappresentanti più forti in tutt’Italia. Ora alle dipendenze della ditta metalmeccanica vi sono a secondo delle commesse anche una trentina di lavoratori, coordinati da una giovane ingegnere Irene Longhi.
Il perché poi la E.Carb non sia parte della società che dovrebbe/potrebbe gestire la Elettrocarbonium è un mistero, ovviamente da chiedere al Ministero ed ancor di più alla Sviluppumbria, che si sta specializzando in occasioni perse. Come dire che un pezzo del problema poteva, e si può anche adesso, trovarsi in casa. Anche per la diversificazione di un prodotto, come gli elettrodi, che nessuno, sembra voglia più.