Tra qualche giorno a Narni torna l’uomo che sembrava caduto sulla Terra, tanto per evocare un film di fantascienza con David Bowie protagonista.
All’Auditorium “Bortolotti”, nell’ambito della Corsa all’Anello, domenica 7 maggio, alle ore 17 ci sarà un incontro con Carlo Infante protagonista.
I più giovani forse non sanno chi sia, ci piace pensarlo come è un “figliol prodigo” di Narni, non vi è nato ma vi si è rigenerato, inventando più di 40 anni fa un progetto che ha anticipato il futuro digitale.
Sarà al centro di un talk-evento su “Performing Media – un futuro remoto. Il percorso di Carlo Infante tra Memoria dell’Avanguardia e Transizione Digitale”, libro/librido (Editoria & Spettacolo 2022) a cura di Gaia Riposati e Massimo Di Leo. Un evento che focalizzerà alcuni momenti degli anni Ottanta in cui Narni divenne epicentro dell’innovazione culturale – con il teatro di ricerca, il videoteatro e il Festival “Scenari dell’Immateriale” – attraverso uno screening video commentato da Carlo Infante e i due curatori. Alla fine un walkabout (conversazione radionomade) svilupperà il confronto in una modalità peripatetica, coinvolgendo tutti i partecipanti e in particolare gli stakeholder e i protagonisti delle vicende di performing media nella Narni degli anni Ottanta.
Domandiamo a Carlo Infante cosa è successo a Narni così tanto tempo fa. Di cosa era fatto questo futuro che allora sembrava incomprensibile e che oggi ci appare quotidianamente nei nostri cellulari?
Non esisteva ancora la parola crossmediale, ma già dalla mia prima conferenza al S. Domenico, nel 1981, invitato da Tradimenti Incidentali di Paolo Liberati, parlavo dell’interazione tra la performance e i media, conducevo in RAI una trasmissione sperimentale su Radio3 e cavalcavo l’onda dei videoclip. Poi con Beppe Bartolucci collaborai alla progettazione del Premio Opera Prima per il Teatro di Ricerca dove nasce il POW (Progetto Opera VideoVideoteatro). Nel 1988 quel progetto divenne il festival “Scenari dell’Immateriale” a Narni riconosciuto come un avamposto delle nuove culture multimediali emergenti, nel mondo. Arrivavano dal Canada, Stati Uniti, Francia e Austria (da Ars Electronica di Linz) a intercettare un’avanguardia che stava facendo scuola, anticipando l’innovazione digitale.
Ah, sì, scenari dell’immateriale, ricordo che c’era qualcuno che ironizzando lo definiva il festival dei fantasmi…
Esatto, alcuni erano scettici, ma ricordo ancora quando, qualche anno dopo, nel 1990, a Terni all’inaugurazione di “Umbria Fiction”, Enrico Manca parlò di “Economia dell’Immateriale”. Non pochi si volsero verso di me…e qualcuno mi ricordo disse, con una pacca sulla spalla, “allora avevi ragione te”.
Era il tuo destino, decifravi i segnali di futuro che molti ignoravano.
Dopotutto ero cresciuto nel mondo dell’avanguardia. Nel 1987 l’edizione del progetto narnese s’intitolò “La scena interattiva”, ispirandosi al primo motore ipertestuale messo sul mercato, proprio quell’anno da Apple, HyperCard. Impostammo allora anche un database (realizzato dal centro di calcolo della Regione Umbria) che ispirò il montaggio video “Index Videoteatro”: un concept film elaborato con estratti delle opere di videoteatro più emblematiche, tracciando la prima tassonomia del rapporto tra la scena teatrale e quella elettronica. Un prototipo di ipermedia.
Non c’era la parola “crossmedia” ma era già emersa “mixed media”, connessa più che altro alla “new wave” musicale, un’onda che contagiò fortemente l’area della “postavanguardia” da cui scaturì il “videoteatro” delle origini.
A sentirle oggi sembrano ancora esperienze aliene eppure funzionavano, c’era attenzione, rassegne stampa con articoli di testate nazionali che oggi l’Umbria si sogna. Un evento fu memorabile, l’inaugurazione (una delle tante, ma la prima) del cantiere alla Rocca Albornoz. In molti ancora ricordano quella stranissima e bellissima performance multimediale.
Nel maggio 1988 la Rocca Albornoz, dopo decenni di abbandono stava tornando alla vita, si avvio un cantiere importante di ristrutturazione: si fermò la deriva della pietra prima che tornasse ad essere montagna. Nacque in quel contesto la produzione site specific “Memoria di Pietra” realizzata dalla Koinè per la regia di Silvio Panini con le videoinstallazioni di Giacomo Verde. Un’ambientazione basata sull’uso di soluzioni radio in modulazione di frequenza, interazioni tra video e performance, ambienti sonori, in una crossmedialità che ha aperto la pista a ciò che solo una decina d’anni dopo fu definito “performing media”. Il progetto nella sua risoluzione metaforica interpretava un particolare momento di trasformazione: da Rocca abbandonata a futuro Museo innovativo (almeno così si auspicaca…).
Si lavorò settimane dentro un enorme cantiere edile per esplicitare le potenzialità del performing media nel narrare-evocare un luogo d’impronta medievale e proiettato nel futuro digitale.
Si intraprese così un piccolo viaggio iniziatico attraverso lo stato materico della pietra, vera protagonista di quella roccaforte militare, voluta dal cardinale Albornoz, lungo il tratto che da Avignone avrebbe riportato il Papa a Roma nel XIV secolo. Silvio Panini nella sua drammaturgia “operazionale” così scrisse allora: “Sulla soglia, quando il culturale del martello-scalpello sta prendendo il sopravvento sul naturale della decomposizione, cioè a metà dei lavori, entra il teatro e aiuta la pietra. I suoi riti: pregare il dio della caduta dei corpi e il dio dell’elettromagnetismo. I suoi miti: la gravità e la calamità.”.
Il climax teatrale parte dalla vestizione degli spettatori che diverranno i protagonisti dell’esperienza di esplorazione della Rocca. Un ampio salone si faceva sala d’aspetto dove si distribuivano caschi di sicurezza da cantiere e radioline con auricolari. Così bardati si partiva, dentro una trasmissione radiofonica in FM, per cui era stata montata una antenna sugli spalti, irradiando per chilometri il circondario. Era di fatto una “radio pirata”, per cui si potevano subire multe della Polizia Postale se non fosse che ci si era premuniti di un accordo con l’ emittente radiofonica locale (Radio Galileo), di cui si usavano le frequenze in quella porzione di territorio.
La prima stazione di viaggio nella “memoria di pietra” era la Sala delle Udienze dove, nella cornice di un ex-affresco perduto nel tempo, appariva, in videoproiezione, il cardinale Albornoz. Sembrava un video regstrato ma era in diretta (stiamo parlando del 1988, ricordalo) e questo produceva di fatto un “colpo di teatro” perché gli spettatori non si aspettavano di essere chiamati in causa direttamente: “ehi tu, con il maglione rosso come ti chiami?”. Sbalordito lo spettatore, rispondeva sorpreso e si faceva catechizzare dal cardinale. L’attore Paolo Pagliani (nonché co-autore con Panini delle drammaturgie) interagiva con gli esploratori della Rocca, introducendoli al ludico percorso iniziatico tra le varie Cappelle. In queste campeggiano le videoinstallazioni di Giacomo Verde, opere di sintesi materica tra il naturale e l’artificiale, da quella del “pietroso rito maschio sulla caduta dei gravi” al “pietroso rito androgino sull’elettromagnetismo”.
Il percorso era scandito, via radio, dal cardinale Albornoz che fa da voce guida mentre l’esplorazione si fa teatro della sorpresa. Un itinerario che, dopo aver ascoltato, affacciandosi in un grande pozzo, le risonanze in digital delay realizzate da Paolo Modugno si conclude in un convivio spettacolare. Una tavola dove su binari scorrono monitor e cibi (pinzimoni e creme di legumi dentro piccole forme di pani integrali), in un’apoteosi del gusto e del gioco dove la comunità di Narni, quella residente e quella che vi arriva da ogni dove, si immerge in un’esperienza condivisa che faceva intuire le potenzialità innovative di un museo futuro…
E’ stato bello dare così tanto spazio al racconto di un evento passato che sa così tanto di futuro. A proposito, prossimamente domenica 7 maggio cosa accadrà?
Sarà un bel gioco di parole e idee “in proiezione”, in una conversazione innervata di repertori video (su momenti significativi del mio percorso, tra performance e installazioni, e alcune chicche che riguardano Narni, come i PromoPOW, quei videoclip che anticipavano gli eventi, proiettati nelle vetrine e su Tele Galileo). Sarà insomma un dialogo a tre e con molti echi, ascoltati da un’intelligenza artificiale che finirà con il dire la sua. Si partirà poi in walkabout per continuare la conversazione e la riflessione peripatetica allargandola al confronto con tutti i partecipanti, intrecciando le parole all’espressione del genius loci narnese, potentissimo.