“Una celebrazione singolare dove non c’era la comunità narnese, non c’era il popolo narnese, non c’erano i Terzieri, non c’era l’Ente Corsa all’anello e di questo mi dispiace veramente tanto.”
In diretta Facebook lo ha affermato il sindaco di Narni Francesco De Rebotti, il solo a presenziare alla celebrazione nella concattendrale officiata da Mons. Giuseppe Piemontese. Lo stesso sindaco ha affermato di essere stato in dubbio se partecipare o meno alla cerimonia religiosa, fino all’ultimo, proprio in segno di solidarietà nei confronti dei suoi concittadini che non potevano prendervi parte. Poi però si è convinto che era importante esserci.
Sindaco che ha donato l’olio e acceso la lampada votiva davanti al busto di San Giovenale, recitando la preghiera di affidamento al santo patrono.
Una celebrazione singolare in onore di san Giovenale, – l’ha definita anche il vescovo Giuseppe Piemontese – determinata dalla epidemia del Coronavirus e dalle rigide norme delle autorità, che non prevedono celebrazioni col popolo, “cosa che genera sofferenza e mortificazione per tanto isolamento e solitudine ma anche per il tono dimesso senza rappresentanze e bandiere e tripudio vario usuale per la festa di San Giovenale. Siamo qui per celebrare l’Eucarestia, rinnovare la Pasqua del Signore – ha aggiunto il vescovo – esprimere vicinanza a tutti i nostri fratelli, invocare la misericordia del Signore sul popolo, la sua benedizione in questo tempo di sofferenza, di contagio e di preoccupazione per il futuro incerto e di bisogno materiale. San Giovenale: pastore secondo il cuore e lo stile di Gesù in questo territorio”.
“Mentre celebriamo, anche se in maniera dimessa, la festa del nostro patrono – ha sottolineato mons. Piemontese – interroghiamoci sulla nostra testimonianza di oggi: in questa città, nelle nostre parrocchie, nella nostra Diocesi. In questo tempo di epidemia siamo spinti a vivere con intensità le limitazioni, le sofferenze e i disagi che con rapidità improvvisa ci sono capitati addosso: la quarantena, con la privazione della libertà, l’isolamento e la solitudine d tante persone, la sofferenza fisica e morale di tanti malati e anziani e anche la nostra sofferenza, la morte di tante persone e la mortificazione per non aver potuto dare onore e suffragio ai defunti e conforto e consolazione ai familiari. E poi i problemi legati alle varie forme di povertà, alla disoccupazione, e alle fosche attese di disagi e di precarietà. In questi due mesi abbiamo pregato da casa, abbiamo forse scoperto la dimensione della famiglia quale chiesa domestica, abbiamo assistito alla messa trasmessa in streaming: ebbene ciò non può durare a lungo, non può bastare. E’ conforto e consolazione per chi non può partecipare con la presenza, aiuta la fede e sostiene la speranza, ma non è sufficiente ad alimentare la vita spirituale”.