Una “lettera ai genitori” per un desiderio di giustizia sociale a cento anni dalla loro nascita. “Porte chiuse” è il titolo dell’ultimo libro della giornalista Giovanna Tatò presentato nel caffè letterario della biblioteca comunale di Terni dalla giornalista Vanna Ugolini e dalla musicologa Lucia Navarrini in collegamento. I genitori sono Erminia Romano, direttrice d’orchestra dagli anni Cinquanta agli anni Settanta e Tonino Tatò, conosciuto soprattutto come “braccio destro” di Enrico Berlinguer. “Entrambi sono stati in qualche modo non compresi dal loro tempo, spiega l’autrice, per mia madre soprattutto che è stata un direttore d’orchestra arte litteram e impressionantemente fuori tempo rispetto per esempio a quello che succede oggi, anticipatrice, pioniera in tanti campi non soltanto nella direzione d’orchestra. Erminia Romano ha diretto per 22 anni, appena ha smesso è calato il silenzio. I musicologi devono prendere in mano questa figura e cercare di valorizzarla, alla fine scoprirla. Mio padre, pur essendo certamente molto più conosciuto di mia madre, ha avuto tutta una serie di fraintendimenti sul suo ruolo, specialmente nel sodalizio con Enrico Berlinguer. Lui è un personaggio molto più complesso ha avuto, prima di Berlinguer, vent’anni nel sindacato, quando il sindacato era un fatto rivoluzionario perché era stato abolito nel ventennio fascista. Lui ha cercato di fare delle cose, ma sempre come militante del Partito Comunista, nel sindacato perché era rimasto molto colpito dalla povertà dell’Italia, dall’ingiustizia sociale, dalla diseguaglianza e dalla mancanza di diritti che avevano i lavoratori. Nel sindacato – dopo 20 anni di elaborazione di pensiero, scritti su molte riviste compresa la rivista storica della Cgil – Berlinguer lo ha chiamato nel suo staff e da lì è cominciato il suo quindicennio con Berlinguer in cui ha fatto molto più che il segretario, addirittura anche più del braccio destro. Sosteneva Berlinguer come immagine pubblica, come diffusione del pensiero. Mio padre era un tipo estroverso, capiva l’importanza delle relazioni sociali, delle relazioni pubbliche, era capo ufficio stampa del Partito Comunista Italiano che era il secondo partito più importante d’Italia e teneva rapporti con tutte le istituzioni, i partiti, i personaggi, l’industria, la cultura, la l’arte. Dava importanza a tutto perché l’obiettivo di Berlinguer insieme a quello di mio padre era quello di far penetrare l’idea comunista, non secondo i pregiudizi e la cattiva propaganda, un po’ a tutti i livelli della società.” L’auspicio è che con questa pubblicazione – articolato in una parte di narrativa, una galleria fotografica e assaggi di analisi specialistiche – ora quelle “Porte chiuse” si aprano. “Per mia madre qualcosa si sta muovendo perché la musicologa Lucia Navarrini sta lavorando ad uno studio su di lei e quindi è già qualcosa, questo libro ha già attirato l’attenzione di diversi personaggi della musica classica. Per quanto riguarda mio padre la situazione è più complessa e mi auguro che anche lì si possano aprire quelle porte che gli sono state chiuse prima perché non gli è stato considerato l’aspetto sindacale e dopo perché appena Berlinguer ha finito la sua vita terrena mio padre è stato praticamente messo in un angolo, non ha più trovato appoggio, né riconoscimenti come li aveva prima anche se si è dato sempre molto da fare”.