Probabilmente c’è chi non ha capito bene. Se invece avesse capito che non è più il tempo di fare gli spadaccini, allora la cosa sarebbe ben più grave. Ventimila umbri sono andati alle urne per votare alle primarie del Pd, il Partito Democratico. Sono tanti? Sono pochi? Visto l’andazzo chi se lo sarebbe aspettato che ventimila umbri (comprese, comunque, alcune truppe cammellate) fossero ancora propensi ad impegnarsi in un qualcosa per il Pd. Se l’hanno fatto è perché aspettano speranzosi un guizzo, una presa di coscienza, l’individuazione della necessità di cambiare se non proprio tutto, almeno gran parte dell’approccio alla politica: finestre aperte, insomma, e niente guerre interne, ma impegno per uno scopo. Segnali positivi, in tal senso, sono arrivati – anche se per ora solo a parole – sia da chi le primarie le ha vinte, diventando segretario regionale del Pd, Gianpiero Bocci, che da chi le ha perse, Walter Verini.
Adesso è il momento di darci dentro, ora che si è ricostituita una sia pur minima organizzazione dopo lo sbando susseguito alle elezioni politiche del marzo scorso e – per quanto riguarda Terni – l’asfaltatura da parte del centrodestra a maggioranza leghista.
Non si sente giurassico oltreché destabilizzante chi pensa che le primarie appena effettuate possano essere usate per una resa dei conti? Le questioni personali, le divisioni: molti di quei ventimila (fatta eccezione per i “cammelati”) vorrebbero fossero saltate a pié pari e chiuse in una stanza murata. Comportamenti diversi non possono che far cadere le braccia e aggravare un clima di scarsa fiducia: peggio di uno spread a 500.