Riportiamo per intero le considerazioni di Raffaello Federighi.
“Quando si parla di politica internazionale, di strategia globale e problematiche di sicurezza occorrerebbe, come presupposto essenziale, una competenza oggettiva che difficilmente si trova al di fuori di ben determinate categorie quali i leader politici (non i politicanti), gli ufficiali di stato maggiore, i diplomatici di alto rango, gli studiosi di tali materie. Di certo, essere eletto o nominato a cariche istituzionali, non conferisce automatica autorevolezza nell’esprimere opinioni in materia che, in quanto tali, hanno lo stesso valore di quelle avventatamente espresse da veline o similari nelle ospitate televisive. La questione della cosiddetta “Striscia di Gaza”, trae origine dall’insediamento degli ebrei, sopravvissuti alla secolare diaspora, allo sterminio nazista e in generale ai movimenti antisemiti europei, nella cosiddetta terra promessa, avvenuta alla fine della seconda guerra mondiale, formalizzato con la nascita dello stato israeliano nel 1948. Sembra opportuno rammentare che Israele, da allora ad oggi, ha combattuto e vinto innumerevoli conflitti, scatenati da paesi e organizzazioni arabe e musulmane, che avevano come obiettivo la sua totale distruzione, negandone addirittura l’esistenza come possibilità, Tali conflitti, sinteticamente, sono:
-Prima guerra arabo-israeliana (1948- 1949);
-Seconda guerra arabo-israeliana (1956);
-Terza guerra arabo israeliana/guerra dei sei giorni (1967);
-Quarta guerra arabo-israeliana/guerra dello Yom Kippur (1973);
-Operazione pace in Galilea (1982): -Prima Intifada (1987-1992); -Seconda Intifada (2000).
Il susseguirsi incessante di tali conflitti feroci ha, di fatto, impedito la realizzazione delle risoluzioni di numerosi stati e organizzazioni internazionali, che prevedevano la creazione di due stati con due distinti popoli, anche pe la concomitante sussistenza di fatti collidenti come l’irrilevanza dell’Autorità Nazionale Palestinese (screditata e corrotta), il consolidamento come governo di fatto di Hamas, l’insediamento dei coloni israeliano nei territori di confine, la salita al potere di Benjamin Netanyahu, generale e poi politico dell’ultradestra, fratello dell’ufficiale israeliano morto nel raid di Entebbe e soprattutto irriducibile nemico di Hamas. Nonostante tenti di accreditarsi come forza di governo della Striscia di Gaza, regione costiera di circa 360 chilometri quadrati, abitata da circa due milioni di persone, dei quali 124000 sono profughi palestinesi, Hamas è e rimane essenzialmente un’organizzazione terroristica, che ha impiegato la maggior parte dei fondi internazionali stanziati per i profughi al fine di militarizzare il territorio, trasformandolo in un avamposto per i suoi attacchi a Israele, utilizzando la popolazione come scudo umano. Da questa situazione si arriva ai due episodi finali della ultradecennale tragedia, ovvero l’inaudito attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre 2023 nei territori di confine israeliani, utilizzando la striscia di Gaza come base operativa di partenza per l’infiltrazione, provocando 1200 morti, uccisi in maniera spaventosa e il rapimento di 250 ostaggi. La prevedibile risposta israeliana non si è fatta attendere e utilizzando in maniera massiccia la forza militare letale, essa si propone tre obiettivi:
-liberazione degli ostaggi; -distruzione totale di Hamas;
-occupazione militare permanente della striscia di Gaza. Questi i fatti, storicamente non contestabili, che dovrebbero indurre, sia gli opinionisti della domenica, sia le anime belle, a ponderare giudizi e ad astenersi nel proporre soluzioni non realistiche. Un ponderato giudizio sulle attività militari recentemente promosse dal Governo Netanyahu, peraltro eccepite anche dai vertici dell’IDF (Israel Defense Forces) e dalla comunità dell’intelligence israeliana (Mossad, Aman, Unit 8200, Shin Bet o, più correttamente, Shabak), deve necessariamente definirle come genocidio. Tuttavia esso è un genocidio che segue innumerevoli genocidi posti in essere dai vari contendenti nel corso degli anni, Ma in sostanza si tratta di una guerra, che è un’attività brutale, dove raramente ci sono buoni e cattivi, dovendo realisticamente parlare di chi soccombe e di chi prevale ed è quest’ultimo a scrivere la storia. Come finirà la vicenda di cui abbiamo parlato non è dato sapere, probabilmente continuerà a trascinarsi irrisolta per ulteriore tempo, poiché Israele non può annettere la striscia di Gaza nel proprio territorio in quanto i cittadini di essa diventerebbero cittadini israeliani, andando a compromettere i già delicati equilibri di una popolazione non omogenea (non tutti gli israeliani sono ebrei, poiché tra loro ci sono arabi, musulmani, cristiani e altre etnie). Neppure è militarmente possibile occupare la striscia di Gaza per lungo tempo, perché l’esercito non è adatto a tale scopo. Infine, non è realistico pensare di eliminare la sua popolazione facendola accogliere da altri paesi confinanti e tale contingenza, sarebbe solo questione di tempo, produrrebbe inevitabilmente nuove ondate di terrorismo e instabilità internazionale, magari promosse da organizzazioni con un nome diverso da Hamas, ma similari. Forse solo gli Stati Uniti potrebbero avere il potenziale persuasivo per ricondurre i contendenti a una soluzione mediata e pacifica, ma essi, da una parte, considerano Israele il loro più fidato alleato in una turbolenta regione del mondo (stante anche l’influenza degli ebrei nella finanza statunitense e mondiale), dall’altra sono sempre più concentrati sull’indopacifico ritenendo, giustamente, la Cina come il loro vero competitor globale in questo secolo, In conclusione, viviamo in un’epoca sempre più instabile, con un probabile proliferarsi di conflitti, di quella che gli analisti considerano la quarta guerra mondiale già in atto, combattuta a tappe e in un contesto ibrido, nella quale, con l’inevitabile cauto ottimismo di chi ha esercitato la professione delle armi, ci auguriamo che la prossima generazione non debba affrontare orrori che a noi, fino ad ora, sono stati risparmiati”.