Il dato di partenza è che spesso le imprese non trovano sul mercato del lavoro i tecnici che soddisfino le loro esigenze. “Spesso mi contattano – testimonia Cinzia Fabrizi dirigente scolastico dell’Istiuto tecnico e Tetcnologico di Terni – per avere nominativi di studenti prossimi a finire il corso di studi o che siano da poco diplomati”. Sta alla scuola, in sostanza preparare e fornire le professionalità necessarie. Ed allora si pensa che sia necessario un ritorno in auge delle scuole tecniche, negli ultimi anni un po’ meno ricercate dagli studenti, perché si abbia una chance in più quando ci si affaccia al mondo del lavoro.
La prima considerazione che viene in mente è: se servono tecnici, un giovane che s’indirizzi verso uno specifico corso di studi sarà favorito nel trovare un’occupazione. Ma c’è un problema: in un mondo che cambia così velocemente è possibile programmare quel che accadrà tra cinque o dieci anni?
E’ stato praticamente questo il tema del discorso all’ITT “Allevi” nell’incontro promosso dalla scuola (in collaborazione con altre associazioni ed organismi) sul tema “Orientamento, Formazione, Lavoro” col “sottotitolo” “Susanna Camusso incontra gli studenti”.
Se si parla di mondo del lavoro, in effetti, ascoltare cosa ha da dire la segretaria del sindacato della Cgil non può non interessare. Le aspettative non sono andarte deluse, tanto più che ad arricchire il discorso ci sono stati gli interventi di Giocondo Talamonti, presidente dell’Unla (l’associazione che lotta contro l’analfabetismo), ingegnere e a suo tempo studente dell’Itis Brin (allora si chiamava così) di cui poi è stato per anni preside; di Antonio Alunni, presidente di Confindustria Umbra, Mauro Franceschini, presidente di Confartigianato imprese di Terni. Un po’ le varie parti in causa. Non sono mancato gli studenti e l’illustrazione del programma (quello attuato e quello previsto per i prossimi mesi) dell’alternanza scuola-lavoro la quale dovrebbe consentire un primo costruttivo approccio degli studenti con le professioni e i mestieri.
Il risultato del dibattito? In poche parole: quel che serve principalmente è un approccio “trasversale”alla questione: inutile perder tempo a discutere di scelta tra scuola tecnica e licei. Quel che conta è il risultato, ossia su quali competenze e quali esperienze può far conto uno studente una volta conclusa la carriera scolastica per entrare nel mondo lavoro. Un cambiamento, certo profondo, nella vita di ognuno, ma scuola e società dovrebbero far sì che quello non diventi un momento di svolta. Poi, quali competenze siano più o meno necessarie non può sempre essere stabilito secondo meccanismi preordinati perché va tenuto sempre presente che ogni individuo ha preferenze, desideri, aspirazioni, sogni. Fatto primario nell’orientamento scolastico diventi così la passione del giovane che cerca nella scuola l’appagamento del proprio desiderio di conoscenza. Perché va stabilito innanzitutto che è importante studiare ciò che ci appassiona, senza nemmeno tener troppo in conto – se non altro in partenza – di quali lavori saranno o sono più richiesti sul mercato: “Quando pensiamoo alla Silicon Valley – ha raccontato Susanna Camusso – pensiamo ad informatici, elettronici, matematici. Non è così: molto spesso lì si trovano sociologi, filosofi, archeologi. Perché anche da loro viene il contributo scientifico e tecnologico necessario”. Certo, a lume di naso, sembra difficile che un giovane che a suo tempo scelse di studiare archeologia pensasse di trovare un’occupazione appassionante nella Silicon Valley. E’ la stessa cosa che, sostengono gli esperti, offre l’Industria 4.0: anche chi ha compiuto studi umanistici serve, non solo l’informatico che s’applica sui computer, ma anche sociologi, filosofi, studiosi di diritto che finalmente possano trovare impiego anche fuori del mondo accademico
La scuola, quindi, come accompagnatore privilegiato verso un mondo di competenze sempre più raffinate. Ma che abbia anche le “attrezzature” adeguate per il “viaggio” che partendo dall’orientamento arriva al lavoro. Più importante questo rispetto ad una programmazione che inglobi i giovani lungo un percorso preordinato e legato ad una prima scelta: “Faremmo dei robottini”, per dirla con Susanna Camusso.